Un pianoforte dalla coda lunghissima, le chitarre dipinte e l’armonica: il mondo di Lucio Corsi sul palco dell’Eurovision Song Contest 2025.

A metà strada tra l’esibizione durante la prima Semi-Final e la serata finale di sabato 17 maggio, Lucio Corsi racconta la sua avventura a Basilea per Eurovision Song Contest 2025. Volevo essere un duro sta, infatti, facendo il giro d’Europa – e non solo – come biglietto da visita del mondo musicale e immaginifico dell’artista, già molto apprezzato al Festival di Sanremo per la sua personalità fuori dagli schemi.
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Dalla Liguria alla Svizzera, Corsi prosegue dunque il suo viaggio artistico. E fa comunicando quel suo immaginario quasi d’altri tempi (e spazi) che la stessa messa in scena sul palco di ESC vuole rispettare. “Sanremo è stato un ottimo allenamento per affrontare l’Eurovision”, spiega il cantautore in collegamento, tra una prova e l’altra della manifestazione eurovisiva.

“Una vera scuola. E sì, ho portato con me l’armonica, il pianoforte, le chitarre — anche se non suonano. Ma ci fanno compagnia. Attenzione, però: non voglio che venga percepito come un gesto polemico: so bene che l’Eurovision funziona così. Ne ero consapevole già quando ho accettato. Ma la voce, fortunatamente, non è in playback, e quindi ho pensato che, se l’armonica finisce nel microfono della voce, posso integrarla. Allora ho deciso di portarla anche qui, per offrire qualcosa di diverso rispetto a Sanremo, dove invece gli strumenti potevano essere suonati”.
Lo sguardo creativo di Lucio Corsi tra performance e scenografia
A colpire, nello staging, è un pianoforte dalla coda lunghissima che sembra portarci in una favola e degli amplificatori monumentali. “Per quanto riguarda la scenografia – racconta Lucio Corsi – è praticamente quella che porto in tour, sia nei club che nel tour estivo. Ci sono questi enormi amplificatori alle nostre spalle, ispirati a un tour di Neil Young. E c’è anche questo pianoforte lunghissimo, costruito apposta per l’occasione. Tutto serve a sottolineare l’importanza che per me e per Tommaso [Ottomano] hanno sempre avuto gli strumenti. Sono ciò attorno a cui ruotiamo da sempre: pianoforti, chitarre, soprattutto le Wandrè”.
A proposito delle coloratissime chitarre, Corsi tiene a ribadire quanto siano magiche per lui. “Guccini le definiva proprio così, chitarre magiche. Diceva che, se per sbaglio le prendi in mano, rischi di perderti e di non ritrovarti più. Una cosa che trovo affascinante. Andrea, che le ha costruite, è stato un artista, oltre che un artigiano. Quelle chitarre vengono dagli anni ’50 e ’60 e hanno un’estetica del futuro. Sembrano dischi volanti”.
“La mia Wandrè Oval è unica. Ho conosciuto anche chi le dipingeva, usando il fumo di una candela per realizzare le finiture. Ognuna è diversa, ed è una cosa bellissima tanto che mi emozionano. Sono strumenti costruiti in modo alternativo e inusuale: tutto ruota attorno a una placca di metallo che costituisce il manico, e attorno a essa si sviluppa l’intera struttura. E al contrario delle altre chitarre bombate verso l’esterno per aumentare la risonanza, le Wandrè vanno verso l’interno. Hanno soluzioni davvero insolite e affascinanti”.
Oltre la competizione
E aggiunge: “Dell’Eurovision trovo interessante il fatto che puoi immaginarti tutto: palco, luci, inquadrature. È un’occasione creativa totale. Al di là della classifica, lo dico chiaramente: il risultato non mi interessa. Amo lo sport, amo la competizione, ma sono convinto che la musica non sia una gara. Come si fa a competere con la musica? È una forma così varia, così soggettiva, che non può essere trattata come un gesto atletico. Amo i gesti atletici, ma la musica è un’altra cosa. Ognuno porta la propria idea di musica, di arte, di libertà. Ed è bello che possano coesistere nello stesso evento”.

Da qui, dunque, nasce lo spirito con cui Lucio Corsi sta vivendo quest’esperienza. “L’unica cosa che mi interessa è portare qualcosa che non mi inganni, che non mi tradisca. Non voglio fingere di essere qualcosa che poi non riesco a rifare dal vivo, quando sono in tour. Quando costruisci qualcosa per un contenitore, spesso finisce che quel contenitore ti respinge. Le canzoni sono fatte così: se provi a dar loro una forma innaturale, se ne prendono un’altra. E le persone rischiano di conoscerti attraverso qualcosa che in realtà non ti rappresenta. Lì nasce un cortocircuito dentro di te: ti senti costretto a fare qualcosa che non senti, e diventa una fatica enorme.
La cosa bella, invece, è portare qualcosa che sia sincero, che mi rappresenti in questo momento del mio percorso. Così riesco a farla dal vivo sentendomi me stesso. Non devo interpretare un personaggio che non sono, che magari dopo pochi mesi mi starebbe già stretto. Questa è la cosa più importante per me”.
L’esibizione di Lucio Corsi nella prima Semifinale
Immagini da Ufficio Stampa / EBU – In copertina: Lucio Corsi rehearsing Volevo Essere Un Duro for Italy at St. Jakobshalle – Foto di Alma Bengtsson / EBU