C’è un momento preciso in cui il paesaggio smette di essere sfondo e diventa questione. È lì che si colloca Ultimate Landscapes. L’illusione del ghiaccio, la grande mostra che dal 29 novembre 2025 al 14 giugno 2026 il MAG Museo Alto Garda di Riva del Garda dedica a Claudio Orlandi, accogliendo per la prima volta in un’istituzione pubblica l’intero corpus di un progetto che attraversa quasi diciassette anni di ricerca fotografica.
Curata da Matteo Rapanà, direttore del museo, insieme ad Alessia Locatelli, la mostra si inserisce nell’Anno Internazionale della Preservazione dei Ghiacciai e affronta uno dei temi più urgenti del nostro tempo: la trasformazione irreversibile del paesaggio alpino sotto la pressione della crisi climatica.
Un viaggio lungo le ferite delle Alpi
Dal Presena alla Marmolada, passando per lo Stelvio e il Rhonegletscher svizzero, Orlandi costruisce un racconto visivo che non è mai semplice documentazione. Al centro delle immagini non c’è solo il ritiro del ghiaccio, ma l’intervento umano che tenta di rallentarlo: i teli geotessili stesi sui ghiacciai per
proteggerli dal sole.
In queste superfici artificiali, piegate, cucite, strappate, si concentra il cuore concettuale del progetto. Sono segni ambigui, sospesi tra cura e accanimento, tra la volontà di salvare e l’illusione di poter controllare un processo ormai innescato. Orlandi li fotografa come se fossero materia viva, trasformandoli in forme quasi astratte, cariche di tensione e malinconia.
La visione curatoriale: il museo come spazio di interrogazione
Come spiega Matteo Rapanà, Ultimate Landscapes è una mostra che interroga prima ancora di spiegare. «I musei oggi non possono limitarsi a conservare – afferma – devono essere luoghi di dialogo, capaci di leggere il presente e immaginare il futuro». In questo senso, il progetto di Orlandi diventa uno strumento potente: non offre risposte rassicuranti, ma costringe lo sguardo a fermarsi.
Le tredici serie fotografiche esposte nella Pinacoteca del museo funzionano come capitoli di un racconto aperto. Ogni immagine è una soglia: tra bellezza e perdita, tra la monumentalità della montagna e la sua fragilità estrema. Come ha scritto Maria Fratelli, quei teli sono “sudari”: veli che coprono, ma allo stesso tempo rivelano una fine in corso.
Il suono del ghiaccio che si spezza
Ad amplificare l’esperienza visiva è l’installazione sonora di Alessio Mosti, sound designer che accompagna la mostra con Katabasis, una composizione elettroacustica di 8 minuti e 22 secondi. Il suono nasce da campionamenti reali registrati in Antartide, legati al fenomeno del calving, il collasso delle piattaforme di ghiaccio.
Rielaborati e trasformati in materia musicale, questi suoni diventano la “voce” del ghiacciaio: un corpo che si spezza, che cede, che si ritira. La fotografia incontra così il suono in un’esperienza immersiva che rende tangibile l’urgenza ambientale.
Il MAG Museo Alto Garda: storia, paesaggio e contemporaneità
La mostra si inserisce perfettamente nell’identità del MAG Museo Alto Garda, ospitato nella Rocca medievale di Riva del Garda, affacciata direttamente sul lago. Il museo è una delle tre sedi espositive del MAG, insieme alla Torre Apponale e a Forte Garda, e da sempre lavora sul dialogo tra storia, archeologia, paesaggio e arte contemporanea.
Nelle sue sale convivono la Pinacoteca ottocentesca, le statue stele dell’età del Rame, la storia di Riva e del Basso Sarca e un programma di mostre temporanee che guardano al presente. Un approccio che rende il museo non solo luogo di conservazione, ma spazio vivo di riflessione.
Un paesaggio ultimo, uno sguardo necessario
Con Ultimate Landscapes, il MAG conferma una linea chiara: usare l’arte per leggere le trasformazioni del mondo. Il paesaggio raccontato da Claudio Orlandi non è lontano né astratto. È qui, adesso. E riguarda tutti. In quella sottile sospensione tra ciò che resta e ciò che si scioglie, il museo apre uno spazio critico necessario: guardare il paesaggio, oggi, significa guardare il nostro futuro.