Quattro modelli automobilistici di pregio realizzati su misura arricchiscono il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano. Scopriamoli.

Design, tecnologia, arte, savoir fair italiano. Cosa può raccontare tutto questo se non un auto? Ben più di un semplice mezzo di trasporto, la quattroruote è a tutti gli effetti un bene culturale in movimento che testimonia la storia. Ed è esso stesso testimone dei suoi cambiamenti, dell’evoluzione del gusto e della tecnica. Nel caso, poi, dei quattro speciali nuovi veicoli al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, c’è anche di più.
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C’è, infatti, la lotta all’illegalità che ha permesso il recupero degli esemplari grazie agli interventi coordinati delle forze dell’ordine in Italia e all’estero. E l’arte, quella creatività tutta Made in Italy da cui sono nati quattro gioielli unici. Non a caso, il nuovo allestimento visitabile dal 21 giugno ha come titolo Fatte su misura. “È un piacere iniziare il mio incarico al Museo con l’inaugurazione di questo progetto. La nostra missione è diffondere cultura scientifica e tecnologica mostrando quanto siano qualcosa da vedere e sperimentare”, spiega il presidente del Museo Giampio Bracchi.
“Non vogliamo, infatti, solo dare testimonianza di quello che è stato ma rendere protagonista il visitatore di oggi. Questa mostra rappresenta molti valori, la tecnologia dell’epoca unita a una cura estetica particolare. Tecnica e design con cui vogliamo emozionare i giovani per renderli protagonisti”. Al centro, infatti, c’è “il valore storico dell’auto anche come icona del design e dello stile italiano nel mondo. E un’artigianalità fatta su misura del committente”.

“Le vetture esposte, protagoniste nell’immaginario delle persone di corse epiche, sono infatti la perfetta sintesi di artigianalità e ingegneria che si fondono in un oggetto dalla bellezza funzionale. In grado di esaltare il valore culturale e storico del Novecento e anche di ispirare i visitatori di oggi a essere protagonisti della tecnologia del futuro”, conclude Bracchi.
Un viaggio nel Novecento italiano
Dal 1903 al 1955: è questo l’arco temporale che i modelli esposti coprono ripercorrendo “l’infanzia e la prima adolescenza dell’automobile in Italia”, spiegaEmanuela Carpani, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Milano. Questi “quattro oggetti rarissimi ci restituisc[ono] uno spaccato significativo della storia tecnologica e industriale italiana. Committenti, progettisti e costruttori si ritrovarono a lavorare insieme per realizzare pezzi unici, fatti su misura per l’appunto, entrati poi nell’immaginario collettivo come icone di stile, simboli di potenza ed eleganza”.
Tra l’altro, prosegue ancora la Soprintendente, l’attenzione per questo tipo di beni culturali si registra solo da poco più di un decennio. “Un interesse, quindi, nuovo ma questi quattro pezzi incarnano la storia della tecnologia e dell’arte. Se un’opera d’arte non ha la necessità di essere funzionale, un’opera di design sì. È un progetto creativo nato per risolvere una necessità con un’attenzione all’estetica. E questa contaminazione arte e design è ben rappresentata dalle auto, con tutte le potenzialità iconiche”.

E aggiunge:“Le auto in mostra fondono ingegneria, arte e il saper fare, per armonizzare aspetti non copiabili da altri comparti produttivi. In più, il valore aggiunto di questa esposizione è il fatto che recupera, nel nome della legalità, beni al patrimonio pubblico promuovendo lo sviluppo della cultura e la sua accessibilità allargata”. Ma quali sono i modelli in esposizione? Eccoli nel dettaglio
Fatte su misura: i modelli esposti
L’allestimento he celebra l’unicità delle automobili italiane tra fine Ottocento e primo Novecento, attraverso esemplari che fanno incontrare tecnica, stile e desideri di una committenza d’élite. Curata per rileggere le collezioni storiche con un allestimento moderno, l’esposizione mette in luce il valore culturale e tecnologico dell’industria automobilistica italiana, grazie al contributo di FIMESA – famiglia Sordi.
Bianchi 8HP: l’alba dell’automobilismo italiano
La Bianchi 8HP (1903) apre il percorso, rappresentando una pietra miliare. Derivata da una carrozza Duc modificata con un motore monocilindrico da 942 cc e 8 cavalli, fu assemblata nell’officina milanese di Edoardo Bianchi, noto per le biciclette. L’accensione avveniva manualmente con una manovella anteriore, mentre il giunto cardanico trasmetteva il moto alle ruote posteriori.

Carrozzeria in legni pregiati e fogli metallici innovativi per cofano e parafanghi la rendevano unica, con un serbatoio nell’abitacolo. Costava 10.000 lire – uno stipendio decennale di un medico – includendo due giorni di guida, una chiave inglese, nastro adesivo e pompa. Questo modello segna il passaggio dalla mobilità nobiliare al boom industriale, con un design essenziale ma innovativo per l’epoca. La sua rarità e il legame con le origini dell’automobile italiana ne fanno un pezzo unico, riflettendo l’ingegno di un’Italia all’avanguardia.
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Alfa Romeo 8C 2300 Spider Zagato: eleganza su misura
Del 1932, l’Alfa Romeo 8C 2300 Spider Zagato incarna l’età d’oro delle carrozzerie su commissione. Pensata per il facoltoso Leandro Arpinati, la vettura combina il telaio Alfa con la raffinatezza di Zagato. Alimentata dal motore di Vittorio Jano, vincitore di Mille Miglia, Targa Florio e Le Mans, offre prestazioni elevate e un’estetica elegante. Il telaio, della prima serie stradale del 1932, costava 91.000 lire, con un’aggiunta simile per la carrozzeria su misura, scelta da Leandro Arpinati presso Zagato. Questa spider sfoggiava strutture ad onda come parafanghi, un tocco distintivo dell’epoca.

Nel 1933, l’ingegner Giorgio Sisini, fondatore de La Settimana Enigmistica, la acquistò, donandola nel 1959 al Museo, guidato dall’amico Guido Ucelli. Simbolo dell’Italia degli anni ’30, unisce tecnologia avanzata e artigianato su misura, riflettendo il prestigio di Alfa Romeo e la visione di Jano. La vettura, con il suo design elegante e performante, celebra il connubio tra innovazione e stile, lasciando un’eredità culturale nelle collezioni museali, accessibile al pubblico dal 19 giugno al 30 settembre 2025.
Alfa Romeo 8C 2900 B Berlinetta Touring: l’apice del Gran Turismo
L’Alfa Romeo 8C 2900 B Berlinetta Touring (1938), creata per la Società Montecatini, incarna il gran turismo delle 8C 2900, nate nel 1935 per le competizioni e celebrate con la tripletta alla Mille Miglia 1936 dalla Scuderia Ferrari. Dotata di un motore da 2900 cc, il massimo per le 8C, monta un robusto telaio allungato per comfort, cambio posteriore e freni idraulici a tamburo. Ordinata dalla Società Montecatini, fu carrozzata da Touring con una raffinata livrea blu scuro e feritoie stilizzate.

Dopo la guerra, passò a diversi proprietari americani, subendo modifiche come la livrea rossa negli anni ’50. Restaurata negli anni ’80 al suo aspetto originale, ha partecipato a eventi prestigiosi come il Pebble Beach Concours d’Elegance 2021. Questa vettura, sintesi di tecnologia e design pre-bellico, riflette l’eccellenza italiana, unendo prestazioni racing e lusso su misura.
NOTA: l’autovettura è stata sequestrata nell’ambito di un procedimento penale da Procura della repubblica e Guardia di Finanza di Milano e affidata in custodia al museo
Bisiluro DaMolNar: l’audacia sperimentale
La Bisiluro DaMolNar (1955), progettata da Mario Damonte, Carlo Mollino ed Enrico Nardi per la 24 Ore di Le Mans, è pura innovazione. Ideata al contrario – design prima del telaio – vanta una carrozzeria asimmetrica, realizzata a mano da Rocco Motto a Torino, con due carlinghe: una per il motore Giannini G2 (734 cc, 55 CV) e la trasmissione, l’altra per il serbatoio e il pilota. Il telaio è a tubi leggeri di Nardi permetteva una velocità di 143 km/h di media e 215 km/h di punta. Tuttavia, a due ore dalla gara, un’onda d’aria di una Jaguar la sbalzò fuori pista, rivelando limiti nell’asimmetria.

Omologata per strada dalla Società Nardi, non fu più usata in competizioni né commercializzata, entrando nelle collezioni del Museo nel 1965. Nonostante il fallimento tecnico, è un’ode al coraggio sperimentale e alla capacità di rischiare dell’ingegneria italiana.
Immagini da Ufficio Stampa