Keum Suk Gendry-Kim ci racconta la vera storia di Jun, un ragazzo affetto da autismo che si appassiona al ‘pansori’.

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Dopo Le Malerbe, la Bao Publishing torna a pubblicare l’autrice sud coreana Keum Suk Gendry-Kim, che stavolta ci porta con le sue tavole nell’agrodolce mondo di Jun Choi. È una storia vera quella di Jun – che dà anche il nome al graphic novel (titolo originale: 준이오빠) – nato nel 1990 in una normalissima famiglia coreana, ma affetto sin dalla nascita da un autismo che rende complicate le dinamiche familiari e sociali dei Choi.

La storia viene narrata da sua sorella minore, Yunseon. È il racconto di una quotidianità difficile, sia tra le pareti domestiche che al di fuori di esse, quando la realtà della famiglia Choi è costretta a confrontarsi con le istituzioni scolastiche, con i medici, gli assistenti.

Questo graphic novel illustra con sincerità le difficoltà di ogni giorno nella loro vita quotidiana. Ma anche la meraviglia della scoperta del talento musicale di Jun, che grazie alla musica tradizionale e allo studio del pansori riesce a trovare un modo di comunicare con il mondo ed esprimersi.

L’incontro di Keum Suk Gendry-Kim con Jun Choi

Jun

Come racconta Keum Suk Gendry-Kim alla fine del graphic novel, il suo incontro con Jun Choi risale al 2010. «Ritornata in Corea dopo aver vissuto per lungo tempo all’estero – scrive – avevo deciso di imparare il pansori. Fu a quel tempo che incontrai Jun per la prima volta, nella scuola di musica tradizionale situata nel quartiere di Hyehwa».

«Ho osservato Jun per diversi anni», spiega ancora l’autrice, che poi elenca le ragioni che l’hanno portata a raccontare la sua storia.

«Ho disegnato la storia di Jun e dei suoi cari perché volevo trasmettere a coloro che si trovano in situazioni simili il loro coraggio e il loro calore». Ma anche nella speranza che «lo Stato possa fornire a queste famiglie il sostegno finanziario di cui necessitano e un adeguato sistema educativo».

Non c’è traccia in questa storia però dell’incontro tra Keum Suk Gendry-Kim e Jun Choi. L’autrice – che ha un vero talento nel narrare il reale, con uno stile in bianco e nero quasi cinematografico – in nove capitoli regala sprazzi significativi della famiglia Choi, dall’infanzia di Jun e Yunseon al momento in cui Jun scopre il pansori.

E sono spesso parentesi in cui l’affetto e la forza dei quattro componenti della famiglia sono costretti a diventare uno scudo per difendersi dall’incomprensione sociale e, spesso, persino dalla cattiveria. Nella seconda prefazione, No Soon-Ho – Direttore dell’impresa sociale coreana Donggubat – si chiede se arriverà presto il giorno in cui «potremo vivere davvero insieme, riconoscendo anche la differenza tra chi ha una disabilità rispetto a chi non ne ha».

Il tema del rifiuto sociale degli atteggiamenti di Jun è centrale in quanto universale. Così come la totale mancanza di assistenza statale verso nuclei familiari che si trovano a dover comprendere l’incomprensibile. Nella prima prefazione – a firma Jang Jae-Hyo, Direttore musicale – il libro viene introdotto più umanamente, perché Jun Choi ha di fatto cambiato la vita di Jang Jae-Hyo.

«Ho potuto comprendere quanto la mia percezione fosse ristretta» dice il Direttore e organizzatore di eventi musicali.

Ma per dare inizio al cambiamento, è necessario far crollare il pregiudizio.

Il pansori

Jun non parla, ha difficoltà a relazionarsi e non distingue il buono dal malevolo. Per lui, però, anche il vento e un ventilatore sonoJun strumenti musicali creatori di melodie. Tra l’inadeguatezza delle strutture scolastiche e la logopedia, un’assistente ha quindi l’intuizione geniale di far sfogare Jun attraverso la musica. E il pansori sembra la scelta ideale, in virtù del fatto che si basi sulle percussioni, o meglio sul tamburo buk.

Il pansori (판소리) è di fatto una forma di narrazione musicale tipica della Corea del Sud, in cui una cantante – sorikkun (소리꾼) – viene accompagnata da un gosu (고수), un batterista. Nato nel diciassettesimo secolo, si diffuse in particolar modo nel diciottesimo secolo ed è – in questo racconto – la chiave che permette a Jun di aprirsi al mondo.

In realtà, però, Jun non è una storia sul potere benefico della musica. È più un testamento di come ognuno di noi – assecondando le proprie passioni e le proprie inclinazioni – possa diventare una versione migliore di sé. Se fosse nato in una famiglia meno accorta e più incline a seguire i diktat sociali, Jun sarebbe finito a fare nuoto in piscina. Sicuramente con risultati non altrettanto positivi.

Perché la mente di Jun – insondabile e misteriosa – non ha mai mostrato alcuna attrazione verso l’acqua o il movimento. Al contrario, a esaltare Jun sin dalla sua infanzia sono i suoni che lo circondano che – se per tutti noi sono puri rumori di sottofondo – alle sue orecchie arrivano come melodie (che, quando sarà più grande, metterà anche nero su bianco riempiendo infiniti pentagrammi).

«Il suono del vento, che io non sento, per le sue orecchie è bello», riflette a un certo punto Yonseon nelle tavole dell’autrice.

Yunseon e Jun

JunIl vero cuore di questo graphic novel risiede – di fatto – proprio nel rapporto tra Jun e sua sorella minore, narratrice della storia. Ed è anche il filo narrativo in cui emerge maggiormente la cultura e la tradizione coreana. Per comprendere il rapporto che lega i due fratelli – e anche alcuni degli episodi di bullismo descritti nel libro – è fondamentale sapere che in Corea il rispetto delle persone più adulte di noi – fratelli maggiori compresi – è sacro.

In quest’ottica – nella società coreana degli anni ’90 e dei primi 2000 – un fratello maggiore dipendente dalla sorella minore appare bizzarro e non istituzionale. Yunseon non deve quindi solo vivere all’ombra di un fratello che ha bisogno di tutte le attenzioni della famiglia, ma deve anche adattarsi al rovesciamento di una gerarchia innata.

In Jun sono la sua forza e il suo spirito di adattamento a tessere le fila dell’intera narrazione. Giustifichiamo ogni suo momento buio – tipico di un figlio sommerso dalle necessità di una famiglia che cresce una persona autistica – e comprendiamo i suoi silenzi. Perché mai Yunseon ci permette di dubitare del suo affetto e della sua lealtà al fratello. Ed è proprio l’amore incondizionato e innato a permettere in fondo a tutti i Choi di comunicare tra loro, pur tra mille variabili. Perché – come riflette la stessa Yunseon nelle tavole di Keum Suk Gendry-Kim – «tra noi e lui c’è una porta. Ogni volta gli abbiamo chiesto di aprire quella porta e venire nel mondo in cui viviamo».

«Quando non riuscirai ad aprirla, lo faremo noi per te. Verremo noi da te. Perché quella porta si apre in entrambe le direzioni».