Asia Graziano ci racconta il volume, edito da Scripta Maneant, dedicato alla figura di Artemisia Gentileschi.

È disponibile, edita da Scripta Maneant, la più completa monografia dedicata ad Artemisia Gentileschi, scritta e curata da Asia Graziano. Corredato da un’imponente e fondamentale campagna fotografica, il volume traccia la vita e le opere di Artemisia nel tentativo di riconsegnare all’artista una verità storica e artistica in parte adombrata da una più recente narrazione romanzata. «C’era la forte volontà – ci dice Asia Graziano – di dare spazio ad un’artista donna e siamo partiti da Artemisia perché ha una storia personale e professionale straordinaria. Ci dispiaceva il modo in cui era stata presentata al pubblico recentemente. Si tende a focalizzarsi sulle vicende personali, tragiche, adombrando momenti di grande successo, di vero e proprio trionfo».
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«In vita – continua l’autrice – era riconosciuta come una grande artista internazionale, aveva amicizie importanti ed era stimata anche come intellettuale. Volevamo ridare un quadro più realistico di questa artista. Scripta Maneant ha un brevetto per la ripresa fotografica, ma con Artemisia è stato più complicato perché le sue opere sono dislocate. Era troppo laborioso, ma abbiamo pubblicato scatti inediti tra cui quello della Caritas Romana che fa parte di una collezione privata in Puglia. Abbiamo approfondito sia nella ricerca di fonti, più contemporanee, ma c’è anche una ricerca sulle immagini e quindi qui vedrete opere poco conosciute e mai viste».

Artemisia: le lettere e il rapporto col padre
Pubblicato dapprima in Edizione Lusso (nella collana Rinascimento Sublime) e poi in una versione più accessibile al grande pubblico, il volume su Artemisia si fa dunque carico di riscrivere la figura dell’artista consegnataci fino ad ora dal cinema e dalla letteratura.
«Ci sta – dice Asia Graziano – ma poi si è diffusa anche nella Storia dell’Arte. Tanti testi mostrano una versione alterata della realtà che non fa onore a questa artista. Era una persona determinata e lo vediamo bene dalle sue lettere (alcune pubblicate nel libro, ndr). In particolare, ce n’è una presso la Biblioteca Centrale di Firenze indirizzata a Galileo Galilei: ci dà l’immagine di una pittrice non vittima, ma imprenditrice di se stessa. Artemisia si pone in un certo modo con i committenti, fa la stratega, invia doni, chiede a Galileo perché non riceve pagamenti dalla Corte dei Medici. È un aspetto molto interessante, mai emerso finora. È un’opera dunque ricca di inediti, non solo momenti di vita non celebrati, ma anche un’immagine più completa e complessa di questa donna. Basti pensare che fondò una bottega a Napoli frequentata da uomini che volevano essere formati da lei».

Del resto, questo rapporto di scambio e confronto con uomini celebrati dalla storia è inevitabile considerando il periodo dell’epoca. E inoltre Artemisia era figlia di Orazio Gentileschi, celebre pittore. «Doveva essere complicato il rapporto padre-figlia, per entrambi. – ci racconta Asia Graziano – Orazio era padre di una ragazza talentuosissima. Quando Artemisia iniziò a dipingere, Orazio non era neanche all’apice della sua carriera. Faticava e otteneva commissioni per le amicizie e non per il talento. Artemisia era dunque difficile da gestire e i due si sono anche scontrati molto. Basti pensare che, nel periodo dopo il processo, i rapporti si perdono e poi si riallacciano quando si ritrovano insieme in Inghilterra. Di contro, Artemisia soffriva il padre-padrone che voleva gestirla e contenerla. Per l’epoca, Orazio era comunque un padre che aveva anche difficoltà a gestire da solo la figlia, visto che la madre muore quando lei aveva appena 12 anni».
Artemisia Gentileschi, le fonti del volume
Le fonti, per Asia Graziano, sono state dunque fondamentali. «Su Artemisia c’è molto, perché è stata molto studiata, soprattutto dalla seconda metà del ‘900 grazie a storiche dell’arte americane. – ci dice – La parte più importante è stata quella della scelta dei co-autori. Io sono autrice e curatrice, ma ci sono interventi importanti. A partire da quello di Claudio Strinati che per noi è una certezza. Riesce in modo divulgativo a presentare argomenti e artisti al grande pubblico. Il suo testo introduttivo è un invito a scoprire Artemisia».
Ci sono poi altri due testi: uno di Sheila Barker e l’altro di Gregory Buchakjian. Questi due autori per Asia hanno fatto la differenza. «Sheila è fondamentale per la scoperta di alcune artiste donne, si devono a lei tantissime ultime rivelazioni. – commenta l’autrice – Nel suo saggio, racconta un viaggio negli archivi che, nel 2018, le ha permesso di scoprire una biografia inedita su Artemisia. Un’opera che ha smentito tante cose e ne ha scoperte di altre. Sicuramente gli studi della Barker sono fondamentali».

E poi c’è Gregory con la sua storia assurda, quasi da romanzo. «Da dottorando alla Sorbona di Parigi – racconta Asia – scrive una tesi su una collezione a Beirut piena di opere del ‘600. Pensava di aver individuato lì due opere di Artemisia. Questa tesi però passa in sordina, viene dimenticata. Lui va avanti con la sua carriera, quando il 4 agosto 2020 un’esplosione in Libano, nel porto di Beirut, danneggia questi dipinti. Gregory si rivolge quindi alle istituzioni per un restauro e queste opere ottengono un’attenzione inedita. Per la prima volta, ci parla di questa scoperta all’interno del volume. È un momento interessante, ma anche molto toccante perché Gregory stesso porta in salvo tra le macerie due opere dimenticate».
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I mille volti di Artemisia
Tornando ad Artemisia, la tavola che nel volume traccia i mille volti della pittrice comprende viaggi, passioni, temperamento. Ad esempio, la sua parentesi napoletana è tutt’altro che allegra.
«La pittura napoletana del ‘600 è un campo poco studiato – ci dice Asia – e il fatto che la maggior parte della sua carriera fosse lì non aiuta. Napoli era una città che Artemisia non amava e non voleva starci. Eppure è la città che le regala di più. Me la immagino quasi come una studentessa fuori sede. Mi sono rivista più volte con la sua storia che coinvolge, se raccontata in maniera sincera. La Storia dell’Arte si focalizza sul primo periodo della sua arte: la si dipinge sempre come una pittrice caravaggesca. Sì, ci sono influenze, ma anche perché Caravaggio era il linguaggio del momento. In seguito, però, Artemisia prende strade diverse, esplora tanti stili, viaggia molto. Da ogni città in cui vive prende stimoli. Era una persona curiosa e amava confrontarsi: il suo stile eclettico deriva da questo».

L’obiettivo di Asia Graziano e di Scripta Maneant era del resto proprio questo, sin dall’inizio: abbandonare gli stereotipi e tornare alle fonti, «togliendo la patina che il femminismo aveva lasciato sulla figura di Artemisia». «Attenzione – precisa Asia – gli studi femministi sono stati fondamentali e dobbiamo dire solo Grazie. Bisogna però attenersi ai fatti storici. Nel libro, sembra una banalità, ma sottolineo che questo continuo dire che lei si immedesimasse nei soggetti biblici è un’ovvietà. Erano i temi iconografici del ‘500 e si vede anche nelle opere degli uomini. Poi, Artemisia non aveva neanche una figura materna, non poteva vivere liberamente, non aveva molte conoscenze almeno nella prima fase romana: è chiaro che il modello fosse se stessa. Ed è il motivo per cui le donne si specializzavano nel ritratto e nell’autoritratto. Era una necessità».
Dice tutto l’immagine scelta per la copertina dell’edizione limitata: un autoritratto con una posa molto complessa. «Qui Artemisia – dice l’autrice – usa una serie di specchi. Era una scelta necessaria quella di utilizzarsi come modello, ma dietro c’era una ricerca elaborata anche di angolazioni per pose non usuali. Lei voleva, anche a livello iconografico, scelte più particolari e non frontali, pose in movimento alla ricerca della tela».
Tragedia e verità
Ovviamente non si può non nominare lo stupro di cui fu vittima Artemisia nel raccontare la sua vicenda, ma la Graziano – nel volume – sottolinea che la storia va riletta «con gli occhi della contemporaneità dell’epoca».
«Nessuno vuole cancellare o minimizzare la violenza – continua – ma Artemisia l’aveva assimilata come qualcosa che poteva accadere. Un pericolo reale, concreto. Alla fine, secondo me, l’Artemisia anziana a Napoli, se ripensava alla sua vita, ricordava altri momenti e non il processo. Sono momenti a cui va dato il peso giusto, è un fatto di cronaca documentato. Tra l’altro è uno dei processi di cui si ha maggiore documentazione storica, ma c’è tanto altro di cui parlare. Il focus che mi interessava è: sappiamo che è stata vittima di uno stupro, ma sappiamo che suonava, recitava a corte, era pagata più dei suoi colleghi uomini? Ce ne siamo dimenticati per parlare di altro».

C’è un evento che, più di altri, sintetizza il protagonismo di Artemisa all’epoca: Fernando Enríquez d’Afán de Ribera, terzo duca di Alcalá, le affida una committenza «di cui si parla ancora poco». «Il duca di Alcalà – dice Asia Graziano – era un personaggio importante a livello politico e, nel 1626, vuole decorare la sua cappella di famiglia nella certosa di Santa Maria de las Cuevas, in Spagna. Sceglie il meglio, il canone dell’epoca. Chiama a sé i principali artisti per realizzare un Apostolado, più tele che rappresentano gli Apostoli e Gesù Cristo».
«La tela principale e più importante viene affidata ad Artemisia, unica donna della committenza. – continua – Ottiene dunque un guadagno e un rilievo maggiori rispetto ai suoi colleghi, artisti che conosciamo bene e che erano grandi dell’epoca. Non è scontato. Questo lavoro anticipa una commissione pubblica per il Duomo di Pozzuoli. Che una donna dipingesse opere religiose per un Duomo era un evento quasi senza precedenti. Ne ha dunque fatte tante di cose importanti e uniche, è stata anche la prima donna ad essere ammessa ad un’Accademia pubblica. Una vera regina di primati».
Artemisia, già contemporanea
Impossibile dunque non perdersi in questo volume, ricco di aneddoti inediti e fondamentali per capire completamente Artemisia Gentileschi.
«Le difficoltà sono state superate e per lei sono diventati punti di forza. – conclude Asia Graziano – Aveva un carattere pazzesco. Se leggi le lettere, viene da sorridere per il suo modo di rapportarsi con i potenti, molto diverso da altre donne. Artemisia, ad esempio, ha punti di contatto con Giovanna Garzoni, artista marchigiana che ha lavorato anche a Venezia e Londra. Il confronto è interessante: nelle lettere la Garzoni ha un tono più remissivo e femminile, come era chiesto alle donne all’epoca. Artemisia non aveva un comportamento consono: mercanteggiava e spadroneggiava. Era molto avanti nel tempo e forse colpì anche all’epoca per questo. I letterati la amavano e la celebravano. Anche i colleghi le hanno fatto molti ritratti. Aveva già colpito nel segno perché era molto contemporanea e oggi è un esempio importante».
Le foto sono tutte per gentile concessione di Scripta Maneant