‘Ultimate Landscapes’, Claudio Orlandi: «Un grido di dolore attraverso l’arte»

Dopo diciassette anni di ricerca tra le vette e le ferite del paesaggio alpino, dal 29 novembre 2025 al 14 giugno 2026 Claudio Orlandi porta al Museo Alto Garda di Riva del Garda il corpus completo di Ultimate Landscapes, progetto che indaga la metamorfosi dei ghiacciai in un tempo di crisi climatica. Un racconto visivo che attraversa le Alpi dal Presena alla Marmolada, trasformando i teli geotessili in simboli di un gesto ambivalente, sospeso tra cura e accanimento.

LEGGI ANCHE: Claudio Orlandi, ‘Ultimate Landscapes’: il respiro ultimo dei paesaggi alpini al Museo Alto Garda

Curata da Matteo Rapanà e Alessia Locatelli, la mostra Claudio Orlandi. Ultimate Landscapes. L’illusione del ghiaccio accoglie per la prima volta in un museo l’intera produzione del progetto, articolata in tredici serie fotografiche. L’artista ci rivela quanto sia stato complesso arrivare alla selezione esposta.

Ultimate Landscapes di Claudio Orlandi: un progetto lungo diciassette anni

«Esporre il frutto di un lavoro così complesso e articolato, sia per la quantità delle immagini (sono ampiamente oltre le 300, suddivise in 13 serie) sia per la durata nel tempo, è frutto di un lavoro di decantazione che dura molto. Nel senso che io, per ogni mio lavoro, prima di arrivare a una selezione finale, dopo l’editing le lascio decantare per un po’. E solo dopo averle viste e riviste molte volte arrivo ad una selezione finale, e alla successiva archiviazione».

La presenza di tre sale ha imposto del resto scelte nette, spesso difficili.

«In questo caso avevamo a disposizione tre sale. Quindi abbiamo dovuto, insieme ai curatori Matteo Rapanà, direttore del museo MAG, e Alessia Locatelli, fare una scelta. – continua Claudio Orlandi – Una scelta spesso dolorosa, privilegiando alcune serie a discapito di altre, e dando prevalenza a quelle inedite, quindi realizzate negli ultimi anni, ma senza tralasciarne alcune tratte da serie precedenti che abbiamo ritenuto essere tra le più emblematiche e rappresentative dell’intero progetto».

Sin dal 2008 Orlandi esplora i ghiacciai alpini costruendo un linguaggio che fonde documentazione e visione estetica. Il suo obiettivo non è solo registrare la ritirata dei ghiacci, ma generare consapevolezza. Ce lo dice esplicitamente: «Quello che ritengo importante nel mio progetto è tentare di riuscire a trasmettere consapevolezza a chi osserva sul problema della crisi climatica che stiamo vivendo e sulla conseguente fusione dei ghiacci. Sta avvenendo grazie al rilascio di quantità di anidride carbonica enormemente superiori alle epoche precedenti la nostra, per non parlare della deforestazione selvaggia. I cambiamenti climatici sono sempre esistiti, ma possiamo parlare di crisi climatica grazie alla velocità esponenziale con cui ai nostri giorni sta avvenendo, grazie a una eccessiva e smodata industrializzazione tipica della nostra epoca, alimentata da sorgenti fossili da cui siamo strettamente dipendenti».

Crisi climatica e teli geotessili: la potente metafora dell’opera

E ancora, a proposito dei teli che diventano il simbolo del progetto: «Voglio lanciare un grido di dolore, solamente una piccola goccia nel mare, attraverso l’arte. – commenta – E, in particolare, con un medium che è rappresentato proprio dal protagonista del mio progetto: il telo con cui vengono coperti alcuni tratti dei ghiacciai alpini, rimedio utile solamente a rallentare la fusione, e fatto a scopi puramente commerciali e volti a creare indotto turistico. Oltretutto, va a modificare i microclimi di alta quota impedendo quasi, in qualche modo, ai ghiacciai interessati di respirare».

Il percorso espositivo abbraccia luoghi simbolici — Rhonegletscher, Stelvio, Marmolada — e li restituisce con una forza visiva che tocca la soglia tra bellezza e perdita. Come scrive Maria Fratelli, quei teli «sono sudari», veli di una memoria in dissolvenza. Il progetto si completa con Unveil, l’installazione sonora di Alessio Mosti, costruita a partire dalle registrazioni del ghiaccio tramite idrofoni e microfoni a contatto. Un dialogo profondo tra suono e immagine.

«Unveil – dice Orlandi – è il brano di Alessio Mosti, con cui già avevo avuto il piacere di collaborare nel 2022. Credo abbia la capacità di rendere vivi gli ambienti dell’esposizione rendendoli immersivi, dialogando con le immagini in modo sublime, facendo viaggiare con la mente gli spettatori. Quale miglior modo di accompagnare questi paesaggi definitivi con il suono del respiro del ghiaccio, mirabilmente riprodotto e, soprattutto, interpretato da Alessio».

Ultimate Landscapes è allora un atlante della crisi, ma anche un atto di cura: un invito a guardare, a capire, e forse a cambiare.

Foto di Nicola Eccher