‘Fuori di Tela’, Filippo Caccamo: «La storia dell’arte può anche far ridere»

Si intitola Fuori di Tela il nuovo spettacolo di Filippo Caccamo, da lui scritto e interpretato. Prodotto dalla sua agenzia Talia Media in partnership con Teatro Verdi di Montecatini Terme e Essevuteatro di Firenze, il nuovo show trae ispirazione dalla storia dell’arte. Sul palcoscenico Filippo – ex insegnante e laureato proprio in Scienze dei Beni Culturali e Storia e Critica dell’Arte – proporrà una carrellata di grandi artisti che, rompendo gli schemi, hanno segnato i punti di svolta della storia dell’arte.

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In primis Lucio Fontana, che con il suo celebre taglio fa uscire l’arte dalla tela (il titolo dello spettacolo è proprio un omaggio alla sua intuizione). Poi Caravaggio, che – di fatto – ha inventato la fotografia moderna catturando l’immagine in fieri, senza posati. O ancora Giotto, il primo a rappresentare il cielo azzurro (anziché dorato) e il primo a far piangere le figure dipinte, inserendo le emozioni nelle rappresentazioni. Elementi che oggi ci paiono scontati e ovvi, ma che al tempo rappresentarono una rivoluzione epocale dell’arte.

Fuori di Tela: l’ironia di Filippo Caccamo sulla storia dell’arte

Quali sono le prime impressioni dopo le date a Milano?
«Sono felicissimo di questo spettacolo. È incredibile. Ho avuto mille dubbi fino alla fine, perché di solito rimpasto un pochettino gli spettacoli, mentre Fuori di Tela è davvero completamente nuovo per me. E quindi, fino a un secondo prima, mi dicevo Sarà un pasticcio. Però ci ho provato e devo dire, per mille variabili, che è andato davvero tutto molto bene. Sono molto contento del risultato. Se le date saranno tutte così, c’è solo da esserne felici e continuare a migliorare lo show, aggiungendo magari qualcosa».

Come nasce, nella tua testa, Fuori di Tela?
«C’è stato uno studio approfondito. In realtà io ho un archivio pieno di cazzate, che sono le cose per cui vivo peraltro, e un giorno ne ho trovata una che mi ha colpito molto, ovvero Per me la storia dell’arte può far ridere. Ritengo però che, da quel punto di partenza, non si possa arrivare del tutto a pieno a un risultato se non soddisfacendo il pubblico che io già ho, quello degli insegnanti.

Quindi la vera sfida intuitiva è stata quella di traghettare il pubblico verso la storia dell’arte comica. La vera sfida puramente lavorativa, quindi mettere in pratica questa scelta, è stata invece quella di mediare un po’ tra il pubblico degli insegnanti e il pubblico del web, dove non parlo mai di storia dell’arte. Il gioco è stato calibrare tutto al millimetro, cercando il più possibile di variare la velocità».

E come hai pensato di mettere in scena l’idea che la storia dell’arte possa anche far ridere?
«Io dichiaro nello spettacolo che la storia dell’arte non può essere: Ciao ragazzi, questo è un tramonto, questa è una Madonna, questo qui è un crocifisso. Non può essere così. Bisogna trovare, e questo è ciò che ha aiutato me durante gli anni universitari, le attinenze col proprio mondo. Un mio grande professore diceva sempre che tutte le Madonne devono somigliare, per distinguerle, alle nostre amiche.

Ed è vero, perché il gioco comico che faccio all’interno dello spettacolo è quello di prendere le espressioni di tutti i santi più disagiati della storia dell’arte, di tutti i quadri umanamente carichi di emozione, e associarli ad alcuni momenti del lavoro dell’insegnante. Questo è un semplice primo tentativo, ma è così che riesci a ricordare. Ed è un gioco comico che alla fine paga. È difficile prendere la vita, ad esempio, di Michelangelo e raccontarla. È meglio partire visivamente, con gag visive impattanti. E questo, per ora, sta funzionando. Sta effettivamente facendo sorridere».

Tra i tuoi personaggi, in Fuori di Tela la traghettatrice è La Carla. Come mai?
«La mitica Carla. La Carla è perfetta, è proprio tutti noi. È colei che a parole odia tutti, ma non farebbe mai mancare il suo supporto a nessuno. È la mamma che può insultare i suoi figli, ma se li insultano fa un mazzo così a tutti. Più nel dettaglio, è la collega che io ho avuto e che tutti dovremmo avere, quella che alla fine del collegio porta la torta salata, anche se te ne urla dietro di ogni. È quel tipo di personaggio che, peraltro, rivedo spesso nel mio pubblico. È quello che più di tutti mi rassicura, perché ti fa sentire veramente a casa.

La mia collega Carla, quella vera, era proprio questo. Io sono entrato giovanissimo a scuola e andavo dai senatori con ogni tipo di domanda: da che libri far leggere a quanto dovrebbe essere lunga una verifica. E lei non ha mai mancato di supportarmi a qualsiasi ora del giorno e della notte. Quindi forse questa sensazione di casa la riesco a rendere comica proprio perché la padroneggio meglio. Rispetto ad altre figure divertenti dei video, ma che magari appaiono meno».

Ma è vero che interroghi durante lo spettacolo?
«Non mi vergogno a dire che, per adesso, c’è talmente tanta roba nuova che il pezzo dell’interrogazione lo abbiamo congelato. Ci stiamo lavorando per metterlo un po’ più avanti, ma abbiamo delle gag fantastiche! Bisogna prima rodare un po’ di materiale».

Quindi sarà una verifica a sorpresa?
«Guarda, conosci Kahoot? È una piattaforma di apprendimento basata sul gioco. Basta inquadrare il QR code e si è tutti collegati semplicemente per qualche secondo a qualcosa. Evito di fare troppi spoiler, ma l’idea è quella di fare domande al pubblico. Ogni volta che l’abbiamo provata fa veramente, veramente ridere. Devo solo trovare il momento giusto per inserirlo».

Va detto che comunque per te l’interazione con il pubblico è fondamentale.
«Lo dico sempre: è la parte che mi diverte di più. È soggettivo, quindi non mi permetto di dire che lo sia anche per tutto il pubblico. Però per me è la parte più forte dello spettacolo. Scendo tra il pubblico, prendo tutti in giro, loro prendendo in giro me. L’altro giorno ho visto tra il pubblico uno completamente rasato, gli ho chiesto: Cosa fai nella vita?. Mi ha risposto: Il parrucchiere. Cosa ti devo dire? Cosa vuoi che ti dica? L’interazione a me piace troppo e la considero fondamentale».

Cambiando argomento, cosa puoi dirci della scenografia dello show?
«Sono un grande fan della scenografia, se la usi. Ho fatto due tour dove avevo dietro il tendone nero del teatro. Stavolta abbiamo due enormi led wall con una cornice oro intorno. Da fuori sembrano quadri. Al centro c’è invece un enorme telo con il taglio di Lucio Fontana. E, da quel taglio, entro e esco. Direi che la scenografia è museale, nel senso che da giù sembra di vedere questi quadri appesi sul palco. Anche perché i led sono sopraelevati. Dal punto di vista della regia, sono assolutamente funzionali, perché è possibile usare quello che c’è. Chiaramente sono scelte sempre modificabili, in corsa. Quindi magari domani mi invento una roba nuova oppure tolgo delle cose. La scenografia museale però certamente dà una sorta di cornice e ti dà anche già visivamente il contesto di quello che state per esplorare».

Ti volevo fare una domanda da storico dell’arte. Quali degli artisti che citi nello spettacolo ti diverte di più prendere in giro?
«Senza dubbio la Banana di Cattelan. È meravigliosa. Tra l’altro, l’arte contemporanea è anche impegnativa. Io ho studiato Storia e critica dell’arte e mi sono veramente sparato anni e anni di queste cose. Per me la Banana di Cattelan era, ed è, un trionfo di questo millennio. Lo dico apprezzando alcune innovazioni di Cattelan, che – al di là della banana – sono belle e funzionali. Ma quando vedo quell’opera faccio molta fatica a ricondurla alla storia dell’arte vera.

Tra l’altro quando appare sul led la gente chiaramente è disarmata, perché siamo tutti concordi sull’assurdità di questa opera d’arte. Poi, se vogliamo andare sul nozionistico, è indubbiamente arte. Il valore che si porta dietro è assolutamente congruo a quello che rappresenta. Almeno in questo millennio. E quindi è figlio e prodotto di un certo tipo di fruizione della storia dell’arte».

E sull’arte classica come hai trovato gli spunti?
«Forse mi ripeto, ma ti direi che la gag è visiva. Ti faccio un esempio su La morte di Marat di Jacques-Louis David: un fatto storico che non fa ridere. Quando ne parlo, però, al pubblico dico che mi piace definirlo un auto-ritratto. È il ritratto di un docente che inizia a correggere l’ultimo tema e ha appena letto Martin Burger King. Ecco, rendo mio un evento tragico».

Fuori di Tela: calendario date

3 dicembre: Napoli – Teatro Acacia
4 dicembre: Roma – Teatro Olimpico
5 dicembre: Pesaro – Auditorium Scavolini
11 dicembre: Padova – Gran Teatro Geox
12 dicembre: Bologna – Teatro Duse
13 dicembre: Ferrara – Teatro Nuovo
16, 17, 18 gennaio: Torino – Teatro Alfieri
23 gennaio: Modena – Teatro Storchi
30 gennaio: Pordenone – Teatro Concordia
31 gennaio: Conegliano – Teatro Accademia
12 febbraio: Assisi – Teatro Lyrick
13 marzo: Trento – Auditorium Santa Chiara
28 marzo: Brescia – Teatro Dis_Play
10 aprile: Legnano – Teatro Galleria
18, 19 aprile: Verona – Teatro Nuovo
22 aprile: Bergamo – Teatro Gaetano Donizetti
30 aprile: Parma – Teatro Regio
8 maggio: Piacenza – Teatro Politeama
9 maggio: Alessandria – Teatro Alessandrino
15 maggio: Firenze – Teatro Cartiere Carrara
16 maggio: San Benedetto del Tronto
19, 20 maggio: Genova – Politeama Genovese
23 maggio: Varese – Teatro di Varese

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