Curatore della Fondazione Garuzzo per le Arti Visive, Clemente Miccichè lavora da Torino per promuovere la diplomazia culturale attraverso l’arte contemporanea. La missione della Fondazione è chiara: portare gli artisti italiani nel mondo, soprattutto in quei Paesi dove da soli avrebbero maggiori difficoltà ad arrivare — dal Sud America all’Estremo Oriente, fino all’Africa.
La collaborazione di Fondazione Garuzzo con BIENALSUR nasce proprio da questa visione condivisa di dialogo e internazionalizzazione. La mostra Invocations. Becoming Animal rappresenta un punto d’incontro tra arte italiana e arte amerinda, mettendo in relazione artisti provenienti da Argentina, Brasile e Messico con colleghi italiani. «L’obiettivo — spiega Miccichè — è esplorare il modo in cui diverse culture si rapportano con l’altro, con gli esseri non umani, con l’interazione tra organico e inorganico».
Un momento difficile per il mercato, per i giovani artisti ma non solo. Cosa ne pensa?
«È vero che è un periodo difficile, ma offre anche molte vie di sperimentazione. In tempi di crisi spesso si sviluppano energie creative inattese.
La Fondazione Garuzzo continua a investire nella ricerca di nuovi talenti attraverso la sua sede espositiva di Saluzzo, a pochi chilometri da Torino, dove occupa dodici sale all’interno della Castiglia. Qui vengono presentati i lavori di alcuni dei più interessanti artisti under 40, favorendo contaminazioni e nuove connessioni».
Questo un periodo dove l’umanità è costretta a confrontarsi con un nuovo fenomeno, l’intelligenza artificiale. Secondo lei, nel caso di quella generativa, si rischia di cambiare il concetto di arte e artista?
«Il rapporto tra arte e AI è neutro. Dipende dagli artisti e dalle istituzioni se renderlo costruttivo o distruttivo. Non dobbiamo subirlo, ma utilizzarlo in modo creativo. Così come dobbiamo imparare a farlo anche con le altre specie e culture. L’arte non deve essere uno strumento di dominio, bensì un terreno di collaborazione — non predatoria, ma propositiva».