Un concept album, illustrazione e un mediometraggio: Romina Falconi ci racconta ‘Rottincuore’, un elogio delle ombre.

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Un concept album e un discofilm: il viaggio di Rottincuore – progetto multimediale di Romina Falconi – si è concluso ufficialmente il 16 maggio con l’uscita del disco (Freak&Chic / ADA Music Italia / Warner Music) e del mediometraggio. Un viaggio a tutto tondo nelle arti per mostrare le ombre, le angosce e i peccati più che le luci e gli orpelli. «Sono felice. – ci dice Romina – Mai come questa volta mi sento sicura di me, ed è una bella sensazione. È la prima volta che ho cucito su misura, ho lavorato come una bestia per cinque anni e avevo il terrore di arrivare ad oggi: si chiude un cerchio e come ti reinventi? Mi aspettavo da me una lamentela interiore, invece sono contenta di lasciar andare questo progetto. Una canzone, dopo che esce, non la puoi più governare. Può finire in mano ad analfabeti e a chi non vuole capirti. Invece sono felice».

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Il viaggio di Rottincuore inizia in realtà nel 2018, quando Romina Falconi diede vita al progetto Centro d’Ascolto. «Mi arrivavano confidenze enormi. – racconta – Tutti però erano accomunati dal fatto di avere un’ombra. Mi son detta: Ma sai che c’è? Elogiamo le ombre. Lo so che è da folli, perché oggi il pop è avvolto dal buonismo e dal sembrare educativi. Io però volevo elogiare l’impenitenza, tanto la vita non ti regala niente».

Romina Falconi: Rottincuore e l’importanza degli errori

C’è una parola che Romina nomina nel corso dell’intervista ed è narcisismo. «È vero – puntualizza – che la nostra società è narcisista. Però credo più che, con i social, stiamo diventando istrionici. Impariamo tutti a preparare una faccia che sia il più vincente possibile, solo che le lezioni più importanti arrivano dagli errori. Tutti li vorrebbero lontano da sé, ma non funziona così. Io vorrei piacere ai giusti, non a tutti. Non sono lo Xanax: voglio piacere alle persone che un pochino sanno ridere anche delle proprie oscenità. E non come difesa psicologica, ma perché so che chi si piange molto addosso non ama l’ironia. So già che non farò breccia nel loro cuore. Io voglio far breccia in chi ha saputo prendere le misure con i propri dolori». E, del resto, chiosa: «So che sono complicata, ma ci ho messo una vita a diventare così. Non posso essere semplice».

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Rottincuore finisce dunque per essere un’analisi lucidissima della nostra società: dall’incapacità di amare a quella di guardare dentro se stessi. «Diventiamo grandi – dice la cantautrice – il giorno in cui smettiamo di dare la colpa ai genitori. A un certo punto c’è il passaggio del testimone. Dobbiamo metterci in discussione. Io ho fatto fallire tre convivenze. Alla terza mi sono guardata allo specchio e mi son detta Può essere sempre colpa loro?. Si diventa consapevoli quando sai di essere un disastro: hai già spaccato tutto».

Il viaggio

Eppure non deve essere stato facile tracciare queste ombre. Non solo le proprie, ma anche quelle degli altri. «Sono fissata con la psicologia. – dice Romina – All’inizio ho voluto parlare delle mie ombre e poi di quelle dei miei amici quando li odio all’apice del loro sbaglio. Il mio scopo è restituire grazia alle nostre oscenità e descrivere in modo poetico cose che odiavo. Ti racconto questa: mi chiamano Ercolino sempre in piedi, riferito a un gioco degli anni ’60. Eppure una mattina mi sono svegliata e non avevo le forze di alzarmi. Ho scritto questo album perché cercavo risposte. Alcune le ho trovate, su altre ho più dubbi di prima. Ho capito però che i nostri peccati rappresentano ciò che abbiamo vissuto: si può morire male per vivere bene? Chi sbaglia spesso pensa di far bene e possiamo imparare solo con l’esperienza. Gli schiaffi ce li vogliamo risparmiare? Io voglio arrivare a fine vita sbudellata, perché lo scopo non è non sbagliare, ma non risparmiarsi».

La produzione dell’album

In uno slancio di massima verità Romina ci rivela che, in fondo, «più ti batte il cuore, più ti rode il culo dopo». È una definizione calzante della tendenza odierna a romanticizzare tutto. Al di là dei testi e del concept, va però anche detto che Rottincuore è un album prodotto benissimo. Merito del «dream team» di Romina Falconi: Niccolò Savinelli e Leonardo Caminati in primis, con la partecipazione alla co-scrittura di Roberto Casalino e Immanuel Casto, suo partner in Freak&Chic, che ha curato anche il progetto grafico.

Alla produzione hanno collaborato anche Marco ZangirolamiFrancesco Katoo CatittiMatteo UraniJason Rooney e Nicco Verrienti. «Ho trovato la mia America. – dice Romina – Ma abbiamo discusso. Volevo fare una cosa mia. A un certo punto abbiamo cercato un mandolinista, che ormai è come un panda. Ci abbiamo messo tanto, ma o mi sposo il signor Coca-Cola e vi faccio un disco al mese oppure come fai? Ora ci rido, ma è stato bello anche schiantarsi e sbatterci la testa. Fare un disco ora è un privilegio, già che dici concept album ti rispondono Eh?. Volevo una galleria di risse interiori e mi sono circondata di gente più folle di me».

Rottincuore – Il discofilm

E poi il discofilm, «nato per gioco durante una riunione». «Savinelli non ne poteva più delle canzoni. Mi ha detto scherzando che sarebbe stato bellissimo fare un film. Io sono andata subito dal mio socio. Ho la fortuna di avere amici che fanno recitazione, mentre Niccolò è il regista del film. Ci siamo fatti aiutare da Marta Monsellato con la sceneggiatura perché io avevo scritto Guerra e pace. In generale ho imparato tanto, ed è stato bello perdere il sonno per qualcosa in cui credi».

Ora Rottincuore è libero, in tutte le sue vesti. Come si sente Romina Falconi? «I numeri sono importanti ed è vero, ma non credo più a queste cose. – ci risponde – È come se mi parlassero della fatina dei denti. Parliamone, ma dobbiamo anche fare i conti con ciò che siamo. Devi tornare a casa con la consapevolezza di aver detto la verità. Almeno la tua».

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