Sara Penco ci racconta la sua indagine del ‘Giudizio Universale’ e la sua ‘scoperta’ della Maddalena. L’intervista.

Il 13 dicembre scorso – per la casa editrice Scripta Maneant – è uscito il volume Maria Maddalena nel Giudizio di Michelangelo di Sara Penco. Un’indagine approfondita sulla scoperta della Maddalena nell’opera iconica dell’artista, venuta alla luce grazie a quello che la Penco definisce «un modello di pensiero». Sara Penco ha infatti brevettato Smarticon, «uno strumento che consente, anche a chi non conosce l’arte, di accedere alla cultura in maniera semplice e fruibile».
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Sara Penco e SMARTICON: un accesso semplice alla cultura
Non ancora disponibile al pubblico, Smarticon «è un brevetto per metodo italiano concesso dal Ministero dello Sviluppo Economico ed è idoneo anche alla cooperazione con i paesi asiatici», ci spiega Sara Penco. «È uno strumento che crea una community coesa tra appassionati, studenti, chi ha bisogno di comprendere quello che c’è dietro l’opera d’arte. – continua – Alla fine, l’opera d’arte si divide in due parti fondamentali: una è la conservazione della materia, ma io sono una restauratrice e sentivo l’esigenza di valorizzare anche il patrimonio immateriale. Perché esiste quest’opera? Cosa raffigura la codifica di tutto questo? Traduco ciò nel codice genetico dell’opera d’arte e riesco a ricostruirlo in base a un percorso a ritroso nella storia, utilizzando e sfruttando l’ordinamento delle informazioni contenute in questo metodo che si chiama Smarticon».
Il metodo Smarticon – per Sara Penco – è stato fondamentale proprio per l’analisi del Giudizio Universale di Michelangelo. «Ho individuato la Maddalena all’interno del Giudizio Universale proprio grazie al riconoscimento della sua iconografia, che è proprio il cuore di Smarticon. – ci dice la restauratrice – Partendo dall’ordinamento della conoscenza e dell’iconografia, si riesce a ripercorrere la strada per arrivare all’identificazione del soggetto. E così io ho identificato la figura di Maria Maddalena, proponendo al mondo accademico la mia ipotesi di studio, supportata costantemente da un percorso scientifico».

Citazioni di esperti teologi, dei Vangeli, ma anche di Papa Francesco «per dimostrare che, passaggio dopo passaggio, la presenza di Maria Maddalena è avvalorata da ciò che gli esperti e i teologi hanno già dimostrato».
La figura di Maria Maddalena
Maria Maddalena ha del resto «un’importanza fondamentale nella storia della Cristianità e all’interno del Giudizio Universale di Michelangelo», dice la Penco. Al di là dell’iconografia, per la restauratrice la figura della donna è per lo più «un messaggio di speranza all’umanità quanto mai attuale. Mi auguro che questo messaggio di speranza e questa rivelazione giungano in un momento in cui l’umanità ne ha veramente bisogno».
«La figura di Maria Maddalena rappresenta l’umanità e il pianto dell’umanità. – continua Sara Penco – Rappresenta la donna che è sempre stata al fianco di Cristo in tutta la sua vita e nel momento della passione, della redenzione, del perdono dei propri peccati. La figura accanto a Maria Maddalena nel Giudizio Universale è stata identificata come Simone di Cirene: gli esperti hanno avanzato diverse ipotesi, ma non hanno mai preso in considerazione che fosse collegato a questa donna che bacia la traversa della croce. È un gesto importantissimo che la rende non protagonista, perché c’è Cristo con la Vergine al centro del Giudizio Universale, ma che le conferisce un ruolo importantissimo. La delega ad un messaggio di speranza per l’umanità che è potentissimo».

Il messaggio positivo del Giudizio Universale di Michelangelo
L’analisi di Sara Penco si muove tuttavia su vari binari, nella ricerca del «messaggio positivo» del Giudizio Universale. «Il Giudizio Universale – dice Sara Penco – occupa la parete sopra l’altare, laddove i fedeli entrano nella Cappella dei Papi per ricevere il sacramento della comunione, lo strumento per raggiungere la grazia e la salvezza eterna. Un messaggio di speranza che Michelangelo raffigura su quella parete ormai stanco».
Importantissimo, nell’analisi della Penco, è anche infatti il contesto storico e sociale durante il quale Michelangelo realizza il suo capolavoro. «Il 1536 – ci spiega la restauratrice – è un anno in cui accadono tante cose e probabilmente Michelangelo si convince di realizzare il Giudizio Universale come una missione. Come se fosse lui stesso un portatore della Parola di Cristo, un evangelizzatore dei popoli al quale è stato concesso il privilegio di tradurre l’ermeneutica del messaggio cristiano e di Gesù per i secoli a venire. In quel momento, c’è la rivalutazione del ruolo della donna».
L’incontro con Vittoria Colonna – «la donna con la quale Michelangelo ha vissuto un amore platonico, ma potentissimo» – è centrale. «Lei in quel periodo scrive le epistole al monsignor Moroni e lo fa chiedendo di rivalutare, di riconoscere, di legittimare la figura di Maria Maddalena. – racconta Sara Penco – È un passaggio importantissimo perché, dato il rapporto tra l’artista e la marchesa, è impossibile che Michelangelo non si fosse sensibilizzato a questa tematica. E inoltre, nel 1536, Papa Paolo III Farnese istituì una commissione per scoprire gli abusi del clero. È un momento sconvolgente, perché è un fatto gravissimo. Michelangelo vive in questo contesto e lo vive in prima persona».
Michelangelo e l’ermeneutica del Giudizio Universale
Per questo motivo, secondo Sara Penco, Michelangelo identifica Cristo al centro della composizione, non nelle fattezze di una figura del Clero «non degna di essere rappresentata in quel momento, né di portare questo messaggio di speranza per il resto dell’eternità». «Non può essere un caso il fatto che il Cristo sia speculare, identico, quasi una proiezione del Portacroce. – dice la Penco – Chi è questo personaggio che regge la croce che Maria Maddalena bacia, una confidenza che nessun altro santo ha con la croce? Ho ipotizzato che potesse essere la reiterazione di Cristo giudice nel Cristo Redentore».
«Michelangelo, secondo la mia ipotesi, riassume la prima e la seconda venuta di Cristo – conclude poi – raffigurando Cristo giudice vicino a Maria Vergine e Cristo Redentore accanto a Maria Maddalena. Il volume Maria Maddalena nel Giudizio di Michelangelo è anche corredato da una campagna fotografica pazzesca di Scripta Maneant. E sono stata fortunata ad incontrare proprio questa casa editrice, che ha creduto così tanto in questa nuova chiave di lettura che, in effetti, non va poi così tanto contro quella che è la storia dell’ermeneutica del Giudizio Universale. La implementa con quello che tutti gli esperti si sono sempre chiesti: dov’è il giudizio? Dov’è l’aspetto positivo del giudizio universale che accoglie i fedeli per la celebrazione della Messa?».
Il Giubileo e l’umanità dietro la cristianità
Non è un caso neanche che il volume sia uscito a ridosso del Giubileo. «Volevo lanciare questo messaggio di speranza affinché si possa comprendere che, quando si fa del bene e si prova amore nei confronti degli altri, il primo ad avere un grande dono e arricchire il proprio animo sei tu. – dice la Penco – Ci sono tante persone che soffrono in questo mondo, dove il cinismo regna sovrano incontrastato. Questo messaggio di speranza io lo traduco quindi in un libro, all’interno del quale cerco anche io di tradurre l’ermeneutica di Michelangelo».
C’è tanta umanità, in fondo, in questo volume. A partire da quella dello stesso Michelangelo, «un uomo dalla profonda sensibilità e soprattutto un cristiano». «Lui si sentiva stretto nel mondo perché pensava che la vera cristianità si traducesse nell’amore e nel rispetto, non nelle imprese della vita terrena. – spiega Sara Penco – E attraverso la realizzazione del giudizio, nel quale si raffigura, palesa il fatto che lui per primo, anche se all’apice della sua carriera, si senta umile al cospetto di Dio».
«Michelangelo è un uomo dal carattere molto forte, ma anche molto fragile. – aggiunge – E per comprendere il Giudizio Universale, per comprendere qualsiasi opera d’arte, occorre calarsi non solo nel contesto in cui è nata, ma anche nello stato d’animo dell’artista che l’ha concepita. Michelangelo ha concepito l’impianto iconografico con una libertà che non aveva potuto sfruttare quando ha ideato altri affreschi. Qui esprime tutta la sua cristianità con una potenza inaudita, rimasta incompresa. Perché la crudezza della dannazione delle anime che vanno all’Inferno colpisce di più del messaggio d’amore altrettanto potente che Michelangelo ha palesato nel Giudizio universale. È come se Michelangelo sussurrasse all’umanità quello che lui voleva tradurre, raffigurando quella parete e traducendo l’ermeneutica del messaggio cristiano in nome e per conto di Gesù».

Maria Maddalena, simbolo di sofferenza
E così, Maria Maddalena finisce – nell’opera del pittore – per rappresentare «la confessione dei propri peccati e la conquista della salvezza. – dice Sara Penco – È anche colei che affronta una grande sofferenza nel corso della sua vita. La sofferenza è, purtroppo, il prezzo che si paga per purificarsi dal peccato originale o da tutti i peccati che si commettono nel cammino della vita. La capacità di discernimento è la chiave per ottenere la grazia. Significa riuscire a comprendere cosa è giusto e cosa non lo è, e comportarsi di conseguenza. Se tutti riuscissimo a fare questo lavoro con noi stessi, il mondo, per usare la parola di Michelangelo, sarebbe un posto migliore nel quale vivere».