Nello spazio NonostanteMarras incontriamo il padrone di casa, Antonio Marras, che ci racconta cosa significa far dialogare passato e presente nel segno della bellezza.

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Un luogo fuori dall’ordinario, sospeso tra tempo e spazio, capace di sfuggire alla logica razionale e di portare il visitatore in una dimensione alternativa. Lo spazio milanese NonostanteMarras (via Cola di Rienzo 8) nasce dall’inquietudine creativa e dall’inesauribile estro di Antonio Marras che coltiva visioni, segni e gesti artistici differenti.

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È proprio qui, nel cuore del capoluogo, che incontriamo l’artista, stilista e designer pronto ad accompagnare Simone Cristicchi al Festival di Sanremo 2025. Del resto, unire linguaggi ed espressioni differenti è nel DNA di entrambi gli artisti che sanno parlare a un pubblico eterogeneo attraverso racconti fatti di arte, estetica e suggestioni senza confini.

Antonio Marras
Foto di Daniele Notaro da Ufficio Stampa

Ci ha ospitato nel suo spazio milanese perché accompagnerà Simone Cristicchi a Sanremo. Com’è nata questa collaborazione?
In realtà io volevo fare un duetto con lui, ma ha preferito Amara. Questa è una cosa che non gli perdonerò mai! (sorride Marras, ndr) È nata come succedono tutte le cose, perché credo molto nell’idea che esista un disegno già scritto, a prescindere da noi. Era in tournée in Sardegna, ci siamo sentiti e ci siamo visti per una chiacchierata. Pensavo fosse solo una chiacchierata così, invece poi si è parlato di Sanremo e, in un pomeriggio, abbiamo deciso i look che avrebbe indossato.

Da lì siamo andati avanti nel ‘costumizzare’ le cose apposta per lui. Insomma, credo sarà un Cristicchi un po’ diverso. È stato un connubio, un innesto, una fusione di due mondi, di due pensieri, di due realtà che apparentemente sembrano molto distanti. In realtà, è incredibile la quantità di cose in comune, che abbiamo potuto confrontare, far scontrare e poi fondere insieme.

Ci racconta la visione dietro NonostanteMarras e in generale dei suoi store?
Ho trasformato i miei spazi, le mie boutique, in luoghi di esposizione. Ma ‘boutique’ è un termine un po’ obsoleto, come ‘negozio’. Io credo che il mio spazio a Roma, così come a Milano, Venezia, Firenze, Porto Cervo – e sicuramente ne dimentico qualcuno – siano luoghi che rappresentano un’appendice del mio mondo. Io cerco sempre di scoprire cosa c’è sotto le tracce di chi mi ha preceduto. Qui a Milano, per esempio, c’è stato un anno e mezzo di lavoro per riportare le pareti alle origini, per scovare e ritrovare il pavimento industriale che era nascosto sotto otto strati di linoleum.

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Mi piace svuotare gli ambienti da tutto ciò che li ha riempiti e coperti nel tempo, per riportarli alla loro vera essenza. Solo da lì inizio a intervenire. Credo che i miei negozi, i miei spazi, siano veramente la mia casa. E quello che vorrei trasmettere a chi entra è proprio questo: ‘Benvenuto a casa mia’. Penso al soffitto a cassettoni di Venezia, alle scritte dei muratori che progettarono il negozio precedente con un disegno della Mole Antonelliana. Questi segni, queste tracce, sono cose che restituiscono dignità ai luoghi nei quali entro.

Come dialogano storia e contemporaneità?
Il dialogo con la storia è fondamentale per me. Vengo da una terra dove c’è una stratificazione di civiltà che ci hanno preceduto, e ognuna ha lasciato un segno. L’amalgama di queste culture ha dato frutto a ciò che siamo oggi. Io sono il risultato di millenni di popoli che mi hanno preceduto e attingo, in modo consapevole o inconsapevole, a questo patrimonio straordinario che è la mia Sardegna. Poi cerco di tradurlo in qualcosa che possa dialogare con il contemporaneo e con tutto ciò che sta oltre il mare. È un discorso che comunica con l’altrove.

Noi italiani siamo consapevoli del patrimonio che abbiamo? O siamo sempre un po’ manchevoli? Siamo manchevoli, ma anche consapevoli. Siamo coscienti e allo stesso tempo incoscienti. Siamo furbi, ma anche un po’ sciocchi. Viviamo sempre in contrasto con tutto ciò che ci circonda. Abbiamo una bellezza straordinaria sotto gli occhi, ma non ne siamo davvero consapevoli perché ci siamo nati dentro. Noi cresciamo vedendo il Colosseo, il Battistero di Firenze, il Duomo di Milano… Per noi è scontato.

Antonio Marras
Foto di Daniele Notaro da Ufficio Stampa

Eppure, quando vediamo qualcosa di brutto, la nostra reazione è immediata. Solo che non ci rendiamo conto di quanta bellezza abbiamo immagazzinato dentro di noi e di quanto potremmo trasmetterla al mondo. L’abitudine uccide lo sguardo. Ma poi, improvvisamente, ci svegliamo e capiamo la fortuna di essere nati in un Paese come questo.

Tornando alla musica, sulla copertina del nuovo disco di Simone Cristicchi c’è il contrasto tra tenebre e luce. Cosa significano per lei?
È sempre un discorso molto forte, molto intimo, molto privato. Ma il privato poi si riflette nel lavoro, nel pubblico, in quello che faccio. Viviamo in un tempo in cui provano a oscurarci, a limitarci, a spegnerci. Ma io credo che ci sia sempre una scintilla, un bagliore, una luce che ci spinge ad andare avanti.

Immagini da Ufficio Stampa

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