‘Quattordici Giorni’: «Sfatiamo i cliché che esistono su maschile e femminile»

Dalla penna di Ivan Cotroneo e Monica Rametta nasce la produzione italiana originale Paramount+ Quattordici Giorni. Il film, diretto da Ivan Cotroneo, si basa a sua volta sul libro omonimo scritto sempre da Cotroneo e da Monica Rametta, pubblicato nel 2020 da La Nave di Teseo. La storia di una coppia in crisi, costretta a due settimane di clausura forzata, vede come protagonisti Carlotta Natoli e Thomas Trabacchi. E – pur nella sua semplicità (le scene sono girate tutte nello stesso appartamento e i protagonisti sono gli unici personaggi) – finisce per essere uno dei ritratti più reali e sinceri delle dinamiche di coppia. Merito di una sceneggiatura – e di dialoghi – scritti con grande maestria. Che nessuno però – al di fuori di Thomas e Carlotta – poteva mettere in scena così fedelmente.

LEGGI ANCHE: ‘Circeo’, Greta Scarano e Ambrosia Caldarelli: «Storia di libertà che oggi sono sotto attacco»

«Volevamo scrivere una storia di coppia e trattare il lockdown come una gabbia. – dice Ivan Cotroneo – Una prigione che consente ad una coppia in crisi di sviscerare quanto non era stato detto in 15 anni di convivenza. La storia è stata scritta pescando molto dalle nostre storie personali, ma anche immaginando Carlotta e Thomas da sempre. I dialoghi sono stati scritti pensando a loro, quindi corrispondono alla visione che abbiamo di loro come coppia. Non corrisponde alla realtà della cronaca ma alla mia idea, sicuramente deformata, del loro rapporto, molto vivo. Era molto evidente nel film, si guardavano con più amore di quanto la scena richiedeva».

Carlotta e Thomas, coppia nella vita, si sono dunque trovati a cercare un equilibrio tra l’idea della sceneggiatura e la realtà. Un gioco semplice per un attore, che tuttavia – in Quattordici Giorni – sembra riflettere, nel bene e nel male, un livello di intimità necessario.

«Per me ci son due aspetti. – dice Thomas – Il primo comprende le dinamiche conflittuali mie e di Carlotta, che sono differenti da quelle dei personaggi. C’è una distanza e un lavoro da fare. C’era la necessità di affidarci e fidarci di Ivan e Monica. Il secondo è che, in fondo, c’è tutto di me in Lorenzo. Più che in altri lavori, non ho sentito la necessità di immaginare altro da me. Non potevo mettermi in gioco più di così».

«Io mi sento molto diversa dal personaggio. – aggiunge Carlotta – La maternità, ad esempio, per me è un grandissimo tema perché io sono molto materna. Tutta questa parte andava tolta e andava immaginata una Carlotta con altre condizioni. Poi il mio personaggio non reagisce come reagisco io al dolore. Ho dovuto giocare su dolore e ironia. Ci sono aspetti di Marta in cui mi riconosco, ma ho dovuto creare un diverso senso del dolore. Quando costruisco un personaggio faccio sempre la differenza tra ciò che c’è di me e quello che di me non c’è».

Quattordici giorni, uno statement contro gli stereotipi

Un altro tema del film è indubbiamente il contrasto tra maschile e femminile. In un tentativo di abbattere gli stereotipi nel modo più sincero possibile.

«Io e Monica ci siamo sforzati di creare personaggi che portassero un maschile e femminile non stereotipato. – ci spiega Ivan Cotroneo – Ma anche non al di fuori del loro genere. Il loro scontro è anche tra maschile e femminile, abbiamo lavorato tantissimo su questo e anche sulle questioni più spinose che toccano il cuore del film per un retaggio del patriarcato. Chi è più resistente alla passione in una coppia, ad esempio? Abbiamo voluto sfatare dei cliché e, nello stesso tempo, non prendere una posizione. Così che il pubblico conoscesse gli sbagli di entrambi. Spero di esserci riuscito».