Ivan Cenzi è il protagonista del talk della seconda serata del Garofano Rosso Film Festival. La nostra intervista.

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Se è pur vero che ormai gli esseri umani amino «riconoscere più che conoscere», preferendo il conforto di ciò che è certo all’enigma dell’ignoto, Ivan Cenzi sceglie di andare in totale controtendenza. È lui il protagonista del talk della seconda serata del Garofano Rosso Film Festival, in piena linea con la mission della kermesse a Forme di Massa d’Albe: preferire la sostanza alla forma e la qualità alla quantità. È con questo spirito, del resto, che nasce il progetto Bizzarro Bazar, blog creato da Ivan nel 2009 e incentrato su tutto ciò che è «strano, macabro e meraviglioso».

«L’idea è nata come reazione nel vedere certi argomenti spesso trattati in maniera approssimativa e scandalistica. – ci dice Ivan Cenzi – Ho cercato di parlare di macabro in senso nobile. Perché il macabro ha una tradizione nobile, che attraversa dodici secoli di storia dell’arte e della cultura occidentale. Volevo creare uno spazio in cui parlare di queste cose in maniera seria. Con qualche concessione all’estetica dark che mi piace».

Oggi Ivan è docente di iconologia della morte all’Università di Padova. Ed è autore di diversi volumi sulle relazioni tra morte e meraviglia. Non la meraviglia generica e populista, ma quella più legata al concetto greco di thauma. Meraviglia sì, ma anche terrore. Un tema che la nostra penisola – e l’area abruzzese in cui si svolge il Garofano Rosso Film Festival – conoscono fin troppo bene. Nel tempo, Ivan si è dunque sorpreso nello scoprire che un pubblico interessato alla divulgazione del macabro esiste.

«È stata la cosa che mi ha cambiato la vita. – ci dice – Proprio grazie alla community, all’interesse e al feedback che ho ricevuto, ho scoperto che non ero assolutamente solo. Lo stesso vale per chi mi segue. Alcune persone hanno scoperto di non essere malati mentali per essere affascinati da certi temi, perché dietro c’è un lavoro culturale. Piano piano, Bizzarro Bazar è così diventato il mio lavoro principale. È stata una scoperta ed è ancora, a distanza di anni, ciò che mi spinge ad andare avanti. So che tocco ogni tanto la sensibilità di alcune persone».

E, se durante il talk, abbiamo scoperto grazie a Ivan che l’Italia è ad esempio il paese con il maggior numero di mummie e che il rapporto con la religione è ancora viscerale e pasionario, il fil rouge che lo lega al festival va oltre gli aneddoti macabri. La parola d’ordine – dice Ivan – è «resistenza culturale» alla velocità e superficialità dell’informazione. In uno slancio di attivismo si resiste e, nello stesso tempo, si mostra anche agli altri una via possibile di resistenza. Uno spiraglio sull’ignoto che poi diventa conoscenza e contagiosa cultura.