Il tour Exuvia Estate 2022, la sublimazione dell’album, il faro della creatività: la nostra intervista a Caparezza.

loading

L’Exuvia Estate 2022, il tour estivo di Caparezza, ha preso il via da Treviso e proseguirà fino a metà agosto. Unica possibilità di ascoltare dal vivo i brani dell’album del 2021 Exuvia, il tour è come sempre per Michele l’arte della sublimazione dei propri progetti musicali. Una messa in scena colorata di temi talvolta cupi che, sul palco, si liberano quasi in un rito catartico.

«Partiamo dal presupposto che a me piace creare. – ci dice Caparezza – È una mia caratteristica, da sempre. Mi piace l’atto creativo e mi piacciono le creazioni degli altri. Ho vissuto di questo. Vivo in mezzo alla natura, ma per tanti anni ho vissuto all’interno di stanze. Ascoltando musica di altri, leggendo libri di altri, vedendo film di altri. Va da sé che ho una fascinazione incontrollabile verso la creatività. Quando devo tirare su uno spettacolo, mi piace inserire l’atto creativo anche in questo. Chi viene ai miei concerti lo sa: i miei concerti sono uno show. E show significa mostrare».

«Non sono sul palco a cantare, ma sul palco accadono cose stravaganti. Ci sono scenografie, mobili, performer, costumi, coreografie. Ho un’attitudine teatrale, anche se il teatro-canzone di solito è diverso dal mio sound. In questo caso, parlerei più di un piccolo musical. Uso sempre questa frase Vorrei fare the wall, ma devo fare the brick. Exuvia sul palco sarà ancora più complesso degli album precedenti, che avevano comunque un grado di complessità molto alto. Diciamo che mi diverto molto con le cose attorno a me».

Caparezza Exuvia

Caparezza live, la band e l’amore per la Cartapesta

Sul palco accanto a Caparezza ci sarà la band formata da Rino Corrieri (batteria), Giovanni Astorino (basso), Alfredo Ferrero (Chitarra), Gaetano Camporeale (tastiere) e Diego Perrone (voce). Il lavoro dietro le quinte non è affatto meno importante ed è frutto di grandi professionisti come Francesco Aiello (fonico di sala) e Miki Giove (fonico di palco), del team che ha curato le scenografie formato da Deni Bianco (oggettoni in cartapesta), Tekset (oggetti di scena e fondali), Maki (ledwall) e Tommaso Gianfreda (oggetti di scena), della costumista Rosalba Patruno, del performer e coreografo Pasqualino Beltempo e dei performer Cristina Siciliano, Brian Boccuni e Mariangela Aruanno.

LEGGI ANCHE: Fiorella Mannoia e Caparezza alla RCF Arena: «Non vogliamo spegnere i riflettori»

«Quando lavoro a uno spettacolo, cerco di tirare fuori un concetto che si dipana tra le canzoni che scelgo. E ci sono anche canzoni degli album precedenti che vengono contestualizzate all’interno dell’ultimo album. – ci spiega Caparezza – È molto divertente per me, perché ci sono canzoni che devo rivestire continuamente. È stimolante dal punto di vista creativo. Serve anche a non annoiarmi. Essendo la creatività il mio faro, non mi piace ripetermi. Credo che morirei se mi trovassi a suonare la stessa canzone 1000 volte senza cambiarla».

«È il discorso del rito di passaggio, tema di Exuvia. Exuvia parla della disillusione e della voglia di fare un altro passo per superarla. Saranno questi cambiamenti che io celebrerò. Sul palco ricreerò per quanto possibile la selva di pensieri in cui è stato scritto idealmente Exuvia».

Caparezza Exuvia

La celebrazione di un rito di passaggio

Scongiurato il rumor della fine delle attività live, Caparezza ribadisce tuttavia quanto ogni suo progetto sia legato alla creatività. Che, per definizione, è insondabile e imprevedibile.

«Quando finisce il ciclo di un album non so mai se ne farò un altro. – ci dice – Perché non vedo quello che faccio come un mestiere. Lo vedo come un lavoro, ma non so cosa farò ogni volta. Ho avuto la fortuna di aver trovato sempre qualcosa da raccontare, altrimenti mi sarei fermato e arenato. Non mi interessa fare il mezzo clone di qualcosa che è andato bene in radio. Mi piace mettermi alla prova. Anzi, do un consiglio a chi vive i miei problemi da foglio bianco: è importante adattare il proprio pensiero all’età che si vive. Non posso atteggiarmi come il me stesso di 20 anni fa. Ci sono cambiamenti in atto nell’essere umano ed è normale che cambino i pensieri».

«Prisoner 701 era la mia prigionia. La sublimazione avveniva sul palco, ma dopo questo disco ho raccontato la fuga da un limbo. Ho bisogno di immaginare le cose e Exuvia l’ho immaginato in un limbo che stavo vivendo, che sto ancora vivendo, perché è come cercare la rotta in mare aperto con mezzi di fortuna. Ti senti spaesato quando alcune certezze ti abbandonano. Un processo accelerato dai miei problemi fisici, quelli che collezioniamo crescendo e che saranno sempre di più. Quando mi chiedono come faccio a sopportare l’acufene, rispondo che arriverà qualcosa di peggio. È questo il segreto della vita, pensare sempre a qualcosa di peggio. E così entro in pace con l’universo».

Foto: Tamara Casula