Tra ironia e consapevolezza, Clementino ci racconta ‘Black Pulcinella’ e l’esperienza televisiva a ‘Made in Sud’.

Black Pulcinella è il titolo del nuovo album di Clementino, che mescola – come si evince già dal titolo – le due anime del rapper. Da un lato «la musica afro-americana», dall’altro «la maschera napoletana». «Questo album – aveva dichiarato Clementino – è the dark side of Ienawhite, il lato nero di Clementino». È anche un progetto che arriva in un periodo particolare per l’artista: l’esperienza a The Voice Senior e la conduzione di Made in Sud gli hanno infatti aperto le porte al mondo della tv, proprio nel momento in cui esce il suo album più vero.

Clementino, come stai? A casa col Covid?
Sì, ma non finisco mai di lavorare. Con la mente sono sempre a 3000. Stiamo spingendo tanto su YouTube e Instagram. È uscito proprio in questi giorni su YouTube Radio Black Pulcinella, con la versione live dei brani più banger dell’album. Sono contento perché sto avendo una bella risposta da parte del pubblico. Mi aspettavo dai miei fan una risposta così positiva, ma è arrivata anche dai non fan ed è un buon segno. Vuol dire che ho lavorato bene. Ci ho lavorato 24 ore su 24 su questo album. Non mi sono mai fermato. Solo ora, ma perché m’ha fermato ‘o Covid.

L’impressione è che, per le tematiche e il sound, questo album potesse uscire solo ora.
Sicuramente è così. Sarebbe potuto uscire anche negli anni ’90, ma all’epoca avevo 16 anni. Ora ne ho 40, quindi doveva uscire adesso per forza. Non avrei potuto parlare di queste cose qualche anno fa, quando ero con tutti e due i piedi in una fossa. Non avevo la lucidità per poterlo fare. Secondo me è il periodo adatto. Tutti escono con una cosa e io esco col boom bap. Mi hanno scritto che ci voleva una cosa del genere. Ma io l’ho fatta perché me lo sentivo, non perché ci voleva.

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Ecco, come è venuto fuori questo ricchissimo tappeto sonoro?
Ho lavorato a circa 100 tracce, di cui poi ovviamente abbiamo scelto il meglio. Abbiamo preso il 100% della mia forza e evoluzione. Ho lavorato con una squadra di produttori che mi ha dato una mano a tirare fuori le cose. E con i ragazzi di Sony e Epic, che non mi hanno mai abbandonato. Abbiamo registrato tra Los Angeles e Napoli e chiuso tutto a Milano. Ci sono tracce più acustiche e strumentali, come quelle con Rocco Hunt e Enzo Dong, ma fa parte tutto del ciclo. Dare mazzate su 15 tracce è impossibile, serve anche qualcosa di melodico ma che sia comunque sempre rap. Sono contento perché anche il pezzo più melodico, come quello con Madame, risulta super rap e super boom bap. Era quello che volevamo.

Hai mai pensato di non cantare in napoletano? Alcuni tuoi colleghi hanno manifestato questa volontà.
Non mi interesso di ciò che pensano i colleghi. Questo sono io e io devo mettere il rap napoletano davanti a tutto. La nostra lingua è patrimonio dell’UNESCO. Non posso far finta di niente e diventare più italiano. Anche quando uscivo con altri pezzi, a Milano volevano Clementin‘, spacc‘ e vetrin. Io sono questo. Quando si tratta di rappare io penso solo a Clementino. Quando ho pensato al parere degli altri, è andato sempre tutto male.

Quindi non credi che il napoletano sia poco vantaggioso?
Il napoletano è un vantaggio. Se domani mattina chiedessimo a un rapper americano di scegliere tra un rapper italiano e uno napoletano, sceglierà il napoletano. È uno slang di Brooklyn a tutti gli effetti.

In Black Pulcinella c’è molto della nuova scena napoletana.
Sono lo Zio Clemente in questo album. Sono tutti più piccoli di me e hanno spaccato tutti. Le collaborazioni non sono state fatte a tavolino, ed è la cosa bella. Mi fa piacere che tutti i featuring siano pazzeschi.

E l’esperienza a Made in Sud come sta andando?
Durante la prima puntata mi sono emozionato molto. La seconda è andata molto bene e la terza non c’ero. Tiriamo le somme. Ora almeno ho le idee chiare.

All’inizio no?
Non avevo mai fatto nulla di simile. Hai visto che mi sono presentato con lo smoking?

Però sei un intrattenitore nato.
Quello sì, me l’hanno sempre detto. Ma è impegnativo fare un programma comico. A The Voice Senior era diverso. Quando sei il comico e devi confrontarti con i comici, non sei più un comico ma il rapper che presenta. Bisogna studiare, come in ogni cosa. Bisogna prepararsi e in questi giorni mi sto preparando.

Ma cosa ti ha attratto della televisione?
Vengo dai villaggi turistici. Ho fatto l’animatore per 11 anni. Prima ero al MiniClub, poi sono diventato capo-animatore e poi capo-villaggio. Ovvio che la mia vita poi se l’è presa la musica rap. Ora sono un po’ arrugginito.

Cosa ti fa stare bene?
L’affetto delle persone che ti vogliono bene. Il lato negativo? Il successo. Io sono finito in comunità per il successo, non perché mi drogavo.

Difficile da gestire?
Se sei una persona sensibile ed emotiva, il successo ti può mangiare. È come vivere a Milano, un vortice.

In questo album però sembri consapevole. Sei venuto a patti con quel lato di Clementino?
Saranno i 40 anni. Ho fatto 12 album e doveva fare qualcosa che non avevo fatto ancora. Pensavo che, essendo un disco super rap, nessuno si sarebbe filato Black Pulcinella. E invece. Rinnovarsi a 40 anni è difficile. La gente si aspetta i pezzi divertenti e si ritrova l’evoluzione di Cos cos cos. Ma le persone mi stanno scrivendo che il disco è una bomba. Ne sono felice.

E quanto è importante l’ironia?
È la chiave. Il tragicomico mi piace. Penso a Totò, a De Filippo e alla loro capacità di sguazzare nell’ironia sempre con una punta di tristezza. Tipico della commedia dell’arte napoletana. E penso anche a Miseria e Nobiltà, il racconto di come si rida nella povertà. È importante.