Il cantautore Motta torna con un nuovo album che si intitola ‘Semplice’, un progetto in cui fa pace con le proprie radici e guarda al presente. Per sognare il futuro.

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Si intitola ‘Semplice’ il nuovo album del cantautore Motta disponibile da venerdì 30 aprile nei formati fisico e digitale. “È un lavoro iniziato più o meno tre anni fa”, esordisce l’artista raccontando il progetto. “Alcune canzoni sono nate addirittura durante la stesura del precedente album ‘Vivere o Morire’.

Per la prima volta, ho avuto tanto tempo per seguire questi brani, dei quali alcuni non hanno retto il colpo di questa fine del mondo che è stata la pandemia. Ci sono canzoni che hanno mostrato errori che sono diventati bellissimi mentre altre sono inevitabilmente  rimaste nell’hard-disk.

A gennaio 2020 sono andato a New York per un concerto e lì ho rincontrato Mauro Refusco con cui avevo già lavorato. Inizialmente volevamo fare una jam session portando a NY anche altri musicisti; questo, poi, non è successo ma ha portato a un’organizzazione del disco di cui sono particolarmente contento. Con Mauro abbiamo lavorato a distanza su tutte le canzoni e soprattutto abbiamo dedicato davvero tantissimo tempo agli arrangiamenti”.

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Da ‘Vivere o Morire’ a ‘Semplice’

“Per la prima volta in questo disco ho continuato a lavorare con persone che già conoscevo”, continua Motta nel suo excursus. “Questo ha creato maggiore libertà e una sensazione di divertimento da parte mia proprio nel fare musica. Anche perché quello che stava fuori dallo studio mi ha fatto sentire fortunato a fare questo mestiere. Ho sentito l’urgenza di creare bei ricordi cosa che, visto, il momento non è stato facile nemmeno a livello personale”.

“Mi sono chiesto perché ho fatto questo mestiere e mi sono messo tanto in gioco da questo punto di vita”, confessa Motta. “E sono arrivato a pensare che senza palco muoio. Questo è il mio mestiere, a ogni costo”.

“Ho sentito tanto la mancanza delle persone e della socialità. E mentre su ‘Vivere o Morire’ c’è stato anche una voglia forzata di ripartire da zero, lo scorso anno quella vertigine che avevo cercato c’era in maniera naturale e non forzata. Forse anche questo mi ha fatto sentire la mancanza della band e ritrovarci a settembre per lavorare in studio mi ha fatto capire quanto mi fosse mancato. Insieme abbiamo cercato di ricreare nell’album la dimensione di band e penso che live e disco si avvicinano molto.”

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“Al titolo del disco ci sono arrivato alla fine, quando mi sono reso conto che era qualcosa che ripetevo spesso”, spiega ancora Motta. “Era quello il focus, il fil rouge di tutte le canzoni. A questo si è aggiunta la lettura delle Lezioni americane di Italo Calvino per cui la leggerezza è una conquista. All’inizio ero concentrato sul fare la musica, ero concentrato sugli arrangiamento e i testi sono stati faticosi come al solito ma in qualche modo mi sono lasciato trasportare ed è stato un processo molto più libero di ‘Vivere o Morire’. Forse, una cosa del genere era successa per ‘La fine dei vent’anni’, quella sensazione di vedere la luce in fondo al tunnel e correre per raggiungerla”.

‘Semplice’, un disco senza il superfluo che guarda al presente

“Questo disco è nato per arrivare al semplice, all’essenziale che non significa minimale”, continua Motta. “E in questo processo la cosa più difficile per arrivare alla cose semplici è capire cosa levare di superfluo per concentrarsi su quelle importanti. Questo mi ha anche fatto sentire felice; non a caso ci sono tante canzoni in cui accetto il fatto di dire che va tutto bene, senza vergognarmene. Ora sono molto attaccato alle cose che mi fanno stare bene, non sono tantissime ma le tengo care.

Prima avevo paura di fermarmi, guardarmi e dire ‘sto bene, o almeno sto’. Nei lavori precedenti c’era una paura del tempo e una voglia di essere molto legato al passato, di giudicarmi molto. Adesso accetto le contraddizioni e per la prima volta il mio rullante è molto più stabile. Mi ha permesso, lo scorso anno quando non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, di pensare a come stessi. Non ho guardato al passato ma ho preso quel momento per immaginare il futuro”.

“Le canzoni sono molto più importanti di chi le scrive: anche per questo abbiamo pensato che in copertina non servivo, questa è la mia copertina più punk” (Motta)

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E il racconto di questo nuovo sguardo meno gravato dall’ieri e ha acquisito le ali per lasciare ciò che era per ciò che è passa anche attraverso una narrazione esclusivamente strumentale. “Per me il concetto di album – con inizio, svolgimento e fine di un racconto – è fondamentale. Un po’ come anche nella scaletta dei concerti per cui è importante come inizi e come finisci. Nel disco l’inizio ha degli archi che hanno in sé  un senso di rinascita mentre la fine è molto nera ma, per me, rappresenta innanzitutto il mondo che sto esplorando. E mi piace pensare che un prossimo disco, se mai ci sarà, possa ripartire da lì”.

“E c’è anche un altro motivo per i due pezzi strumentali”, conclude il cantautore. “Sono convinto che una traccia strumentale possa avere un suo racconto. Qui c’è solo la ritmica scritta, che ho scritto con Dario Brunori e Gino Pacifico. Sono due punti di vista che mi sono serviti per raccontare un periodo di vita non bello e quindi ho anche pensato che non ci fossero parole adatte a raccontarlo. Ho lasciato spazio alle note”.

Foto di Claudia Pajewski da Ufficio Stampa MA9PROMOTION