‘Psychodonna’ di Rachele Bastreghi è un album senza regole, nato dal bisogno di mettersi a nudo. La nostra intervista.

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Si intitola Psychodonna il nuovo album di Rachele Bastreghi, il suo primo vero progetto da solista (se si esclude l’EP Marie del 2015) dopo anni di lavori corali con i Baustelle. La copertina dell’album – sfuggente e sgranata – ci introduce in un mondo in cui la figura femminile – come si evince dal titolo – è l’assoluta protagonista di queste nove tracce. Non è però un’analisi sociale quella di Rachele, ma una riflessione intima che ad altre grandi donne si ispira e che alla fine parla a tutte noi, anche se inconsapevolmente.

«Questo album nasce da un percorso che mi ha dato gli strumenti piano piano e che mi ha mostrato sempre qualcosa di nuovo. – ci spiega Rachele – Di solito o dormo o corro. La psychodonna non ha vie di mezzo».

«Volevo conoscermi, mettere i puntini sulle i e uscire dalla comfort zone. Volevo capire in questi venti anni con i Baustelle chi ero diventata e mettere in gioco la mia espressione vocale. – continua Rachele Bastreghi – Prima ero chiusa, o forse solo limitata da un mio gusto. Sono sempre molto carica quando scrivo la musica, e le parole mi appaiono spesso superflue. Forse non avevo voglia di parlare. In questo caso invece ho fatto tutto. Mi sono lasciata andare senza pormi troppe regole. Mi sono abbandonata».

Da questa ricerca interiore e dal crollo di alcuni muri emerge l’immagine di una donna ricca di contrasti, di cui sono pieni testi e musica di Psychodonna.

«È un disco che parla di un’anima nuda e della ricerca di equilibrio. Della consapevolezza di essere anche sbagliata. – ci spiega la cantautrice – E la mia consapevolezza è arrivata quando ho capito di poter raccontare chi ero veramente. Ero in grado di raccontarlo perché non faccio musica tanto per fare. Per me non sono canzoni, è un racconto in musica e in parole di tante cose. Mettersi a nudo richiede fatica, così come guardarsi allo specchio. Io per anni ho nascosto alcuni pensieri sotto al tappeto. Ora li ho fermati, li ho guardate bene. Avevo bisogno di dire Io sono questa con tutti i pregi e i difetti. Io sono».

Psychodonna, le voci amiche di Rachele Bastreghi

Psychodonna è impreziosito dalle voci di importanti amiche e collaboratrici: oltre a Silvia Calderoni su Penelope, nel brano Due ragazze a Roma al fianco di Rachele troviamo Meg (che firma anche una parte del testo) e l’attrice e chanteuse Chiara Mastroianni. Ma c’è anche Anna Oxa, omaggiata con la cover di Fatelo con Me, e la poetessa Anne Sexton, ispiratrice di Resistenze.

«Le collaborazioni sono tutte che persone che mi piacciono. – commenta Rachele – Mi rappresentano tutte. Dover collaborare per forza non mi piace. Non sono operazioni commerciali, mi danno un valore aggiunto».

«È triste che io mi sia ispirata anche a personaggi di 50 anni fa, per una dimostrazione di coraggio e insegnamento. A volte mi dico Ma siamo ancora qua?. Siamo un po’ tutte massacrate. Credo sia importante dare un segnale. Talvolta vedo le iniziative e vorrei partecipare, ma vedo poca sostanza e troppa apparenza nelle cose. Penso di poter parlare di me tramite il mio linguaggio, con la musica. La politica dovrebbe muovere il culo».

Anche per questo motivo, ascoltare grandi donne del passato in Rachele genera tristezza. «Mi rattrista perché vedo che le donne del cantautorato italiano avevano tutte una loro personalità. – dice la Bastreghi – C’era un fermento che ancora oggi è attuale ed è avanti. Oggi i suoni sono un po’ tutti uguali. Mi piace più ciò che non mi piace perché almeno mi fa avere una reazione. Credo che ci siano cose belle in giro e che non sia necessario aspettare il fenomeno. Ci abituiamo a tutto, basta dare tempo».

Musica e contrasti

Non solo parole, ma anche suoni. Tanti.

«Mi piace il gioco dei contrasti. – ci dice del resto Rachele – La musica rispecchia ciò che sono, e io nasco dalla musica classica. Stratifico le canzoni, mi piacciono le armonizzazioni. Ho voluto fare di testa mia. C’è la mia idea di suono».

Il brano Psychodonna, ad esempio, è un mix di «sperimentazioni nate in camera di notte».

«È un pezzo strumentale fatto per me, per accontentare la parte di me più da club e da disco. Mi piace l’attitudine a un lavoro, non canzoni studiate a tavolino. Faccio anche musica per me, d’altra parte. Cambiare mi metteva a disagio, ora non me ne voglio vergognare. Non mi fermo più da sola se ho qualcosa da dire voglio dirlo».