Venerdì 20 novembre è uscito ‘Non c’è’, il nuovo album di Edoardo Bennato che raccoglie canzoni di ieri e brani di oggi con la stessa attitudine destabilizzante del rock’n’roll.

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“Irriverente e fuori dal coro”: è questa l’introduzione con cui Paolo Maiorino, responsabile del catalogo Sony Legacy, presenta Edoardo Bennato. Venerdì 20 novembre, infatti, il cantautore partenopeo ha pubblicato il suo nuovo album Non c’è, raccolta in cui si integrano i brani della prima ora con pezzi inediti nati negli ultimi mese.

Il progetto, stando proprio a quanto raccontato dall’artista, è riassumibile con un titolo che è insieme un augurio: “Il Bennato-pensiero: siamo sull’orlo del baratro ma ci salveremo”. Ed è proprio in quest’ottica che le canzoni raccontano il presente, anche quando si tratta della società di ieri, con parole e note attuali in quella che sembra una schizofrenica paranoia.

“Mi sono convinto a fare un album di 24 canzoni perché era giusto ricantare brani come Bravi ragazzi, per esempio, che sembra scritto ieri sera” – esordisce Bennato in una conferenza stampa digitale in cui alternerà le risposte alle corde della sua chitarra. “Sembra la colonna sonora di quello che stiamo vivendo in questi giorni, con le immagini dei tg e questa canzone in sottofondo.”

Non c’è soluzione di continuità tra i brani della prima ora e quelli scritti qualche giorno fa. Era legittimo e giusto fare un disco così perché non sono pezzi storici, o meglio lo sono ma si complementarizzano con questi di adesso.

‘Non c’è’: il punk di ieri e il rock’n’roll di oggi

Nel suo racconto, Edoardo Bennato è un fiume in piena, e l’ieri, l’oggi, il domani, la musica e la riflessione diventano un pensiero unitario. “Come potevo non fare una canzonaccia su Salviamo il salvabile? – e già una suonata – Il mio primo album è stato Non farti cadere le braccia e fu censurato. Allora mi misi proprio in mezzo alla strada facendo dei pezzi punk e mi guardai bene dal fare le canzonacce di quel disco.

Dagli USA arrivava quel genere di musica, che è un atteggiamento filosofico e musicale schizofrenico e paranoico di fronte a una società che si dichiara equilibrata. Ecco, allora, un brano come Arrivano i buoni – e nuova suonata –, ironico nei confronti dell’establishment. È tutto un gioco in cui il sociologo’ l’urbanista e l’architetto si complementarizzano con il cantautore.”

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“Dicevo – continua Bennato ricordando gli esordi – Mi misi per strada con questi pezzi punk, in cui prendevo in giro anche l’allora presidente della Repubblica Leone. Un vero e proprio sfottò per aver enfatizzato il suo accento napoletano, un po’ come fa ora il governatore della Campania De Luca.” E qui, ecco le doti di imitatore del musicista.

Edoardo Bennato album Non c'è
Cover album da Ufficio Stampa Daniele Mignardi

Per evidenziare certi aspetti nevrotici e paradossali del reale non possiamo che ironizzare, ridicolizzare. E questo è anche l’unico modo per rispondere a certe critiche di questa Italia strapazzata e strapazzante.

“Nel disco ci sono brani nuovissimi, folli, scritti negli ultimi mesi, come Maskerate, e brani del Bennato della prima ora. – spiega ancora – Ai concerti mi sono reso conto che i brani della prima ora si completano con le canzonacce di adesso. Quindi ho inserito i brani che pensavo più rappresentativi e attuali.

Il metodo con cui li ho scelti è stato avere album con una propria identità, un concept album, come è confermato e ribadito dalla copertina: è la pagina di giornale che potrebbe uscire domani, in cui gli strilli sono i titoli di queste mie canzonacce come fossero appelli che vengono lanciati da un pianeta confuso.”

Sono otto gli inediti entrati nell’album Non c’è, tra i quali spiccano le collaborazioni con il fratello Eugenio, con il conterraneo Clementino e con l’amico Morgan. Proprio di quest’ultimo, Bennato racconta: “è più pazzo di me ed è un genio, mi trovo bene con lui. È uno che anche quando sembra impazzito e schizofrenico dice cose giuste. Con lui canto Perché, un pezzo folle, e non è un caso: è un’interlocuzione rock’n’roll tra due paranoici. Lui è un grande e lo difenderò sempre.

Per L’uomo nero ho scelto, invece, Clementino. Sono partita dalla minaccia che si fa ai bambini per arrivare al brano e dire che non ci sono razze diverse su questo pianeta ma esiste una sola razza che si è diversificata nei secoli. Il razzismo è un’infezione che trova appiglio nelle masse spaventate.”

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L’Italia nelle canzonacce di Edoardo Bennato

Dal passato all’Italia di oggi, quella che Bennato vede anche attraverso gli occhi una figlia adolescente. “L’Italia in questo momento è più che mai divisa fra Treviso e Trapani, tra Reggio Emilia e Reggio Calabria. – osserva il cantautore – Da meridionale, sono portato a difendere il sud ma non posso essere complice di queste scaramucce. È chiaro che questo divario è profondo, con provocazioni da nord verso sud e viceversa, ma sta degenerando in modo tragicomico.”

A me interessa il presente e l’immediato futuro: ho una figlia quindicenne che mentre stiamo parlando fa lezione con il computer. La tecnologia ci salverà.

Bennato, nel suo discorso parla anche di regime, parola che spiega così: “Il rapporto tra la base e il potere è latitudinale. Dove la base è più consapevole, questa riesce a controllare i suoi rappresentanti e la maturità delle masse è tale da mantenere sotto controllo in maniera propositiva quel potere. A mano a mano che si scende verso sud questo rapporto diventa sempre più inquinato, da Il Cairo a Lagos. E quando uso questo termine per l’Italia voglio essere provocatorio, ironico, destabilizzante. In fondo sono provocatorio e faccio rock’n’roll, che come tale è destabilizzante.”

“Oggi come allora, sono sempre alla ricerca del successo, stiamo cercando di fare in modo che queste canzonacce vengano ascoltate. – conclude – Non costruisco poltrone che possono essere confrontate tra loro secondo certi parametri, nel nostro campo è tutto opinabile. Noi non sappiamo se un brano è bello o brutto e non sta a noi deciderlo ma neanche al pubblico.

Il pubblico non sceglie, viene indottrinato attraverso i media e le radio. È questo lo scenario e mi sento anche un po’ in colpa perché non voglio fare canzoni per conto mio, ma per farle ascoltare agli altri e mi assumo i rischi e i problemi che questo comporta. Eppure è legittimo cercare il successo, anzi è giusto che sia così.”

Foto da Ufficio Stampa Daniele Mignardi