Il 6 novembre è uscito ‘Glenn Miller’, il nuovo singolo di Gio Evan. Qui ci racconta il rapporto tra poesia e musica.

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Il 6 novembre è uscito il nuovo singolo di Gio Evan, Glenn Miller (su etichetta Polydor/Universal Music), che segue Regali fatti a mano, brano pubblicato lo scorso maggio e il libro I ricordi preziosi di Noah Gingols, edito da Fabbri Editori ed arrivato nelle librerie agli inizi di ottobre. Una canzone che omaggia l’improvvisazione, non solo artistica ma umana.

«Mi sono accorto a un certo punto che i ritmi che stavo vivendo, sia nel mio quotidiano che nel rapporto lavorativo e artistico che ho con Bruce, stavano diventando jazz. – ci racconta Giò Evan – Fino a poco fa non usavo ancora questa parola, usavo il verbo improvvisare. Dentro l’improvvisazione c’è tanta fiducia. Quando improvvisi, ti stai fidando della vita e dei risultati che potrebbe portare».

«Non scrivo i miei spettacoli teatrali. Tra una canzone e l’altra ci sono sempre quaranta minuti di monologo che io non scrivo. Non ne sono capace e mi sono chiesto perché accadesse questa cosa. Perché arrivo sul palco e non so cosa dire? È perché mi fido del pubblico che ho davanti. Ho un’età in cui riesco a dire ciò che provo. Non ho problemi a dire come la penso. Mi piace molto l’uomo che pratica l’attitudine alla fiducia. Stay Jazz, fidati delle cose».

Il tema dell’improvvisazione ha condotto Gio Evan direttamente alla corte di Glenn Miller, celebre jazzista e vincitore del primo disco d’oro della storia. «Mi piaceva come archetipo, anche se ascolto molta musica black. – ci spiega Gio – Glenn Miller sembra uno che è a un passo dall’essere una nuvola. Così pallido, vitreo, esile».

La vita secondo Gio Evan

«Mica so vivere in questo caso è un’estrapolazione contemporanea delle parole di Gesù. – ci spiega Gio Evan – Mi riferisco a quando dice Io sono in questo mondo, ma non sono di questo mondo. Ho un debole per Gesù ed è inutile ormai nasconderlo. Non so vivere nel mondo, non son capace di frequentare l’ossatura storica di un centro paese. Sono più un ragazzo da vicoli, da arrampicata, da trekking. Non so vivere nel mondo, ma nel mio mondo fila tutto liscio. Non sto subendo la vita».

«C’è un coro di bambini nel pezzo, che è il tocco finale. Una botta d’innocenza. Dobbiamo inchinarci di fronte a tanta giovinezza, rimanere in uno stato di purezza incredibile. I venti bambini sparano in alto una preghiera. Il videoclip chiuderà il grande cerchio».

Gio Evan: poesia e musica, due rami dello stesso albero

Chiediamo a Gio come vive la sua duplice anima di poeta e cantautore. «Credo che siano due rami dello stesso albero. – ci risponde – Ovviamente portano allo stesso frutto, ma vivono posizioni diverse del sole. I due rami raccontano il tramonto e l’alba. Con la poesia mi analizzo di più. Son preghiere per me. Quando scrivo ho la serietà di spirito. Con la canzone riesco a giocare, una poesia non potrei chiamarla mai Glenn Miller. La canzone mi permette di entrare nel mondo delle icone e degli archetipi. È bella, è la giocosità della terra. La poesia invece è la serietà del cielo. Mi capita comunque di scrivere canzoni sempre in base alla scrittura romanza o poetica. Scrivo e penso che una frase possa andare bene in una canzone, poi suono la chitarra, improvviso parole e da lì inizio a vedere astralmente il disegno del brano. Piano piano lo porto nel nido e inizio a dargli un po’ di cibo per farlo poi volare. Sono molto amici la musica e la poesia, si aiutano molto».

«Dobbiamo tornare a prenderci la parola positivo, ce la stanno sottraendo. Lavoriamo per riprenderci le parole buone. Il pubblico è ferito a sangue. I complimenti sono insulti. Stiamo perdendo le parole meraviglia, fantastico, strabiliante… bisogna dirle gratis e sparare bellezza in giro. Penso che i giovani lo sanno che c’è poca possibilità di bello, il trend è la volgarità. Va di moda il bullo e l’ostentazione, l’osannare l’ego. Torniamo umili. Son contento che ci aggrappiamo tutti a una piccola botte e ci si faccia forza».

La pedalata di Natale

Dal 6 al 17 dicembre Gio aveva in programma La Pedalata di Natale – 1000 km da Milano a Brindisi, un’ iniziativa benefica fortemente voluta dall’artista per raccogliere fondi per l’associazione Cristo de la Calle, che si occupa di gestire un orfanotrofio a Ibarra, Ecuador. Gio ha conosciuto questa fondazione durante uno dei suoi viaggi e da tempo la sostiene nella costruzione di alcune strutture per i bambini.

«Potrebbe essere rimandata, perché vogliamo rispettare le regole. – ci anticipa – Ma la faremo. Vogliamo smuovere i media e far capire che c’è una grande emergenza ovunque. Questi bambini sono miei amici. Lo considero un atto di piccola poesia buona».

L’importanza della natura

«Sono in società con la natura. – conclude Gio Evan – Mi influenza la città e poi quando torno a casa guarisco dall’influenza. Ho poca cultura del cemento ed è giusto che non parli degli asfalti. Ho avuto la benedizione di crescere in campagna e ho imparato sin da piccolo ad avere le querce come amiche. Una volta che hai imparato l’alfabeto dei pini e dei ginepri non lo dimentichi. Io vivo quella dimensione ed è giusto che compaia tra i miei lavori perché scrivo, canto, suono e creo sempre in mezzo agli alberi. È il mio tempio, la mia parte buona».