Emanuele Blandamura è testimonial dell’evento che ha visto inaugurare il murale ‘Naoto’, regalato da Yourban 2030 a T&T Palestra della Legalità. La nostra intervista al Campione di Pugilato.

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Blandamura Yourban 2030 regala un murale alla palestra T&T Palestra della Legalità, aperta da un anno grazie a un accordo con il Tribunale di Roma e la Regione Lazio per restituire ai cittadini una struttura sequestrata e abbandonata. Il murale – realizzato da Solo e Diamond – si chiama Naoto e ha anche un valore ambientale oltre che estetico: purificherà infatti l’aria della sala dedicata agli sport da combattimento. Proprio per questo, come testimonial è stato scelto Emanuele Blandamura, due volte Campione d’Europa e sfidante al titolo mondiale WBA.

«Lo sport è importante per tutti i suoi aspetti, la cosa più importante è percepirlo nel profondo. – racconta Emanuele ai nostri microfoni – La mia storia è questa: ero un ragazzo con poche idee, un ragazzo che non credeva in se stesso, con un passato che lo aveva segnato. Potevo essere uno dei tanti predestinati al fallimento e invece ho scoperto la passione per il pugilato. Combatto in difesa dei miei principi, per un riscatto».

«Quando sono entrato nella prima palestra di pugilato, ho capito che potevo diventare veramente una persona straordinaria. Non per gli altri, ma per me stesso. Ed è accaduto».

Il murale Naoto: «Educativo per me e per chi ci osserva»

A proposito del murale, Emanuele Blandamura ci tiene a sottolineare quanto questo personaggio ormai iconico sia rappresentativo di tutta una serie di valori.

«Mi hanno esposto questo progetto e abbiamo scelto L’Uomo Tigre perché Naoto combatteva per i più deboli e per degli obiettivi, semplici e imminenti. – commenta il campione – Era la persona adatta a questo progetto sulla legalità, perché ha sempre avuto questo grande feeling con i bambini, che lo amavano. Anche io nel mio piccolo collaboro con case-famiglia, così chi è a rischio emarginazione può fare sport in tutta Roma. Partecipare a questi eventi è educativo per me e per chi ci osserva».

«Ho anche perso nei match e nella vita – conclude Emanuele – colui che vince non è soltanto chi alza il braccio, ma anche chi perde, se poi diventa consapevole del perché ha sbagliato. Bisogna tramutare le sconfitte in vittorie successive. Lo sport è come la vita. Anche io sono stato ragazzo e non credevo in me stesso. Ma quando ti poni obiettivi forti, si accende una passione e la sete di arrivare. E quella vi spinge a dare sempre il meglio di voi. A voi giovani, che siete il futuro, chiedo di non essere immobilizzati con quelle mani sul telefonino o sul computer, perché con quelle mani potete realizzare il futuro».