Dopo Comunisti col Rolex, J-Ax torna con un progetto solista dal titolo ‘Re-Ale’ in cui le rime sono quelle di ‘un perdente che ha vinto’.

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Essere o non essere ReAle, questo è il problema. In continuo equilibrio tra realtà e regalità, J-Ax torna con un disco nel quale perdere è vincere e cadere fa sempre rima con rialzarsi. Dal 24 gennaio, a cinque anni dal precedente progetto Il bello d’esser brutti, l’artista propone diciotto tracce che come in uno specchio ci fanno guardare verso l’uomo come ‘animale sociale’.

Insieme a una nutrita schiera di colleghi – da Annalisa a Il Cile, da Enrico Ruggeri a Il Pagante – la rima tagliente di Aleotti trascrive con immediata riconoscibilità la volontà di chi resta coi i piedi a terra. Perché solo così si riesce a vedere ciò che gira attorno, non stando in vetta a un palazzo da cui guardare la testa della gente ma non i volti.

“Essere ReAle è guardarsi finalmente dopo tanto tempo e dire sono un perdente che ha vinto”: questa la consapevole essenza di un lavoro che non può essere solo artistico, ma riflette un pensiero e una visione vissuti nel quotidiano.

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Ed ecco, allora, emergere lo spirito di impegno nei confronti di un pubblico al quale J-Ax si racconta come un re nudo, in maniera intima e tracciando nel contempo un ampio spaccato del quadro generale. “Qualsiasi tipo di arte che parla di contatti fra le persone diventa politica. Non mi sento un artista che fa politica ma mi considero un cittadino e come tale deve per forza, soprattutto con un pulpito, devi dire la tua.”

Pregiudizi, speranze, stereotipi che si ripetono e rinnovano per essere sempre uguali a se stessi; amore, razzismo e violenza nei rapporti interpersonali sono alcuni dei temi più delicati che il rapper affronta mettendo sul tavolo ora la carta della provocazione ora quella dell’ironia.

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E se c’è una paura che oggi Ax sente sulla pelle, anche come padre, è quella della radicalizzazione: “Ogni conflittualità fra umani si sta radicalizzando mentre bisognerebbe conservare il dialogo.” Sic dixit Re-Ale.