Il 2020 musicale si apre con ‘Cip!’, album di Brunori Sas tra poetica e pragmatismo: le parole del cantautore.

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È un pettirosso a campeggiare sulla copertina di Cip!, nuovo album di Brunori Sas che inaugura ufficialmente il 2020 in musica. Il cantautore torna a tre anni da A casa tutti bene e dopo aver portato in radio i singoli apripista Al di là dell’amore e Per due che come noi, due ballad che introducono temi e atmosfere che attraversano questo disco.

Per presentare il suo lavoro, l’artista ha scelto una serie di appuntamenti che sono un po’ showcase un po’ firmacopie ma soprattutto sono dialogo con il pubblico. “La paura che cantavo nell’altro album aveva a che fare con le mie paure personali, come la difficoltà del cambiamento e della fine delle cose. Era un disco che raccontava quello che avvertivo quattro anni fa. Ma oggi in c’è più quel clima di paura vero?”, esordisce con amara ironia Brunori in quel di Milano.

“In questo album ho voluto parlare d’amore soprattutto nelle declinazioni di coppia ma anche come sentimento che, a volte, diventa universale. Come uno slancio che non separa, ma riesce a unire nel tempo – continua Dario – Abbiamo sempre sognato la macchina del tempo ma abbiamo finito per diventare noi il tempo della macchina. E lo stiamo trasferendo anche nel rapporto con gli altri, con i nostri valori.”

Cerco di sfuggire alla velocità di questo tempo che non sento un ritmo mio e che a volte mi impone il tempo della macchina ma non è quello il mio tempo.

Così, la riflessione di Cip! Diventa anche “un tentativo di resistere all’obsolescenza programmata dei sentimenti e alla difficoltà di tenere in piedi la bellezza delle cose, pure con le loro rughe.” In questo itinerario, tra le parole ricorrenti anche nei titoli dei brani c’è mondo perché – spiega Dario – è “uno degli stimoli che mi hanno ispirato è stata la sindrome della veduta d’insieme. Ho messo nella parola mondo quell’accezione di visione da lontano, con una prospettiva diversa.”

In questo quadro osservato a distanza, Brunori pennella sempre una certa tensione spirituale che non trascura il pragmatismo: “Fanno parte del contesto in cui sono stato educato: la Calabria è un posto molto contemplativo, ci prendiamo il tempo di pensare ma in modo pragmatico.” E a proposito dei suoi videoclip, dice: “Cerco di completare il discorso della canzone con le immagini. Questo disco recupera il fanciullino di cui parlava Pascoli: è un’esigenza che sento e penso sia quello che dobbiamo fare. È un problema non solo sociale e politico, ma poetico.”

In Cip! cerco di ritrovare, da un momento di dismissione e disillusione, un po’ di incanto.

Io e noi, dunque, nell’opera di Brunori: “Scrivere per me è un’attività solitaria, quasi clandestina, e per questo ho bisogno di fidarmi delle persone vicine. Antonio Di Marino mi ha influenzato da sempre, ho avuto la fortuna di lavorare con lui e mi ha aiutato molto in questo disco non solo nei testi ma del darmi la possibilità di specchiarmi in lui. Sono strafelice che il disco sia fatto anche dalla sua voce insieme a quella di Taketo Gohara e di tutti i musicisti con me. È una bella attività collegiale.”

Immagine di copertina: crediti Leandro Emede via Ufficio Stampa