Il quindicesimo album in studio di Biagio Antonacci si intitola Chiaramente visibili dallo spazio e disegna quadri di un’umanità osservata da lontano ma raccontata da vicino. La nostra intervista.

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Biagio Antonacci pubblica l’album di studio numero quindici della sua carriera, un lavoro per il quale la sottrazione – testuale e musicale – è stata la linea guida principale percorsa con Taketo Gohara e Placido Salamone. E ascoltando la tracklist, Chiaramente visibili dallo spazio suona come il canto di una umanità tanto piccola quanto, troppo spesso, dimentica di sé. Un’umanità che non sa proteggersi.

È con questi presupposti che il cantautore torna a proporsi solista dopo l’avventura con Laura Pausini, procedendo per storie, racconti, sguardi lanciati attraverso un telescopio rovesciato puntato verso la Terra. E ne nascono piccoli camei del reale.

“Il titolo è una visione, quelle quattro parole mi hanno aperto un mondo. – racconta Biagio Antonacci introducendo alla vigilia della pubblicazione del suo album – Siamo perennemente visibili dallo spazio e non solo: siamo controllati e gestiti ogni giorno senza neanche che ne accorgiamo.”

Le strade della vita sono frequentata da persone, anime, cuori ma anche telecamere. Per questo la nostra responsabilità diventa quella di far vedere che sappiamo fare anche cose belle e non solo brutte.

L’uomo di Antonacci, come un sorvegliato speciale, si muove in equilibrio fra il sogno e la disillusione nella quotidianità del lavoro e degli affetti. “Ci sono artisti distratti e ci sono artisti non distratti. – spiega il cantautore – Io faccio la vita di tutti; ho la fortuna di potermi svegliare tardi ma allo stesso tempo è presto, vado al bar, faccio colazione e sento gli umori negativi intorno. Vedo i tentativi di gioia ma di gioia poi ne vedo poca anche se c’è la buona volontà.

Arrivo dalla periferia e so cosa significa per una famiglia faticare a crescere i figli perché ne ho fatto parte. Conosco il lavoro che ha orari perché l’ho fatto anche io. So dare importanza al denaro e penso di avere i piedi per terra. Sono una persona che ha visto tante cose.” È questa sostanza che diventa materia delle canzoni di Antonacci, ieri come oggi, perché “tutte le informazioni reali mi arrivano dalla vita di un artista che è uomo.”

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Che uomo è Biagio? “Ho ripensato ai sogni quando ero un ragazzo che sognava di fare un disco e mai avrei pensato di riuscire a farne quindici di studio. Forse continuo a creare interesse perché quell’interesse è lo stesso che ho io quando entro in studio. Ho lo stesso entusiasmo di quel bambino.”

Come per ogni disco questo è il giorno più bello della mia vita. E come ogni volta è sempre un tuffo nuovo nella musica.

Penna dell’amore fin dagli esordi, anche in Chiaramente visibili dallo spazio il sentimento trova la propria collocazione, siamo in forma emotiva sia con note sensuali. “Ne L’amore muore c’è la disillusione di uomo arrivato a un punto in cui è consapevole di esserci e ama. La sua presenza, però, è disillusa perché è stanco e si prepara alla morte dell’amore; credo che se non c’è iniezione di fiducia può morire anche l’amore.”

Fra le tracce una delle più originali è Parigi sei tu in cui risuona un frammento di Non, je ne regrette rien: “Il campionamento è stato strano. Abbiamo provato a metterlo in griglia e stava benissimo in quel punto: Edith Piaf canta la rivoluzione. È una donna che cerca un cambiamento, dentro e fuori dalla sua vita, ed è una storia forte.”

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E stando al tema del mutamento, forse la strada di Antonacci si muove sempre di più verso una minimalismo chitarra e voce che è il sogno dell’artista da qualche tempo a questa parte. Una sorta  contrappasso dopo l’avventura da stadio con Laura Pausini? “Canterei sempre con lei e lei con me. Ci siamo trovati amici sul palco ed è una cosa difficile, siamo stati bene. Adesso, dopo questa espressione massima del pop, abbiamo riscoperto entrambi l’esigenza di tornare alle nostre canzoni.”

Anche se non ci sono ancora appuntamenti live in calendario, i fan possono stare tranquilli: “Sto cercando di capire come affrontare i live, come cambiare l’orizzonte. Vorrei qualcosa di più intimista e teatrale. Il mio pubblico? Mi meraviglio ogni volta. Ho visto tante generazioni; sicuramente è più grande e maturo di un tempo ma vedo anche tanti giovani che cantano, gridano e ballano.

Si tratta di quegli stessi ragazzi e ragazze che sono nati quando io scrivevo i miei primi pezzi.” E la chiosa è con una nota che apre al sorriso: “Pensa, ci sono persone che da anni occupano lo stesso posto in transenna.”