Noi due è il nuovo album di inediti del cantautore partenopeo che con questo progetto inizia a scrivere una nuova storia “oltre il pregiudizio di essere napoletano”. La nostra intervista.

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Fiorella Mannoia, Emis Killa, Luché, Giusy Ferreri e Guè Pequeno: sono questi gli artisti che Gigi D’Alessio ha voluto coinvolgere nel suo nuovo album Noi due, in uscita venerdì 18 ottobre. Un disco, quindi, che se dalla tracklist fa intuire un lavoro di contaminazione di generi e generazioni, non tradisce la melodia italica e mediterranea che sono la cifra del cantautore partenopeo.

Non a caso, la vera chicca del progetto è un brano iconico del repertorio di D’Alessio come Non dirgli mai, eseguita con la London Symphony Orchestra a vent’anni dalla sua prima pubblicazione. “Quel brano nel mio repertorio è come Albachiara in quello di Vasco e Questo piccolo grande amore per Baglioni; è la mia canzone, la più fortunata. – spiega l’artista – Da quella canzone sono diventato italiano, dopo aver raggiunto numeri importanti come napoletano. La canzone è uno stato d’animo. Per me, pescare nello scrigno napoletano, è un privilegio.”

Classicità e rivisitazione, dunque, come ingredienti di questo nuovo disco di inediti firmato da Gigi, che oggi, con quasi tre decenni di carriera alle spalle, si toglie più di un sassolino dalla scarpa. “C’è sempre stata una sorta di muro nei miei confronti e credo di aver subito una serie di pregiudizi negli anni. – argomenta D’Alessio – Se nasci in qualsiasi città d’Italia da Roma a salire, allora sei un cantautore, se nasci a Napoli sei un neomelodico. Certo è un mondo che esiste, ma non possiamo fare di tutta un’erba un fascio.

In più c’era l’impressione che il napoletano fosse una lingua a parte, ma pensate a Caruso, la canzone più bella di Dalla. Ci tanti gusti e questo è un bene, altrimenti sarebbe un mondo mono e non stereo. Dopo ventisette anni di carriera sono ancora qua: mi sono esibito nei teatri più belli del mondo, davanti a platee con gli occhi a mandorla. Ma oggi rinasco come fosse il primo giorno e il primo disco.”

La musica e per tutti, è bella perché è varia; poi è il tempo che dà ragione. Voglio dire: so come mettere le mani sul pianoforte, non sono ultimo arrivato… ma quanto tempo c’è voluto!

Un nuovo capitolo, allora, che segna una rinnovata considerazione verso l’artista sia da parte della stampa sia da parte dei colleghi. “Ho dovuto vendere 26 milioni di dischi per riuscire a realizzare un album con tanti duetti – spiega il cantautore senza nascondere la fierezza onesta di chi ha visto aprirsi porte per lungo tempo chiuse – Quello che ho subìto è stata la mia forza perché non mi ha fatto mollare mai (per autocitarmi). Mi dicevo ‘perché parlano senza avermi ascoltato?’ Ognuno ha i suoi gusti ma non dico che ciò che non piace a me fa schifo.”

Lo sdoganamento arriva in questo 2019 e l’emozione con cui D’Alessio racconta il recente concerto a Malta, insieme ad altri artisti italiani, la dice lunga su quanto il rispetto e la considerazione del mondo musicale si qualcosa di sudato. “Oggi mi permetto il lusso di divertirmi – dice – e quando penso a un duetto non prendo la  calcolatrice:  a me piace mettermi al pianoforte e vedere cosa nasce. Diciamoci la verità, non salviamo vite umane, anche se forse aiutiamo la gente. La musica è sempre un incontro e per Noi due sono andato alla ricerca di cose diverse, sono finito anche a Cuba. Ho collaborato con diversi produttori e credo che cantare in napoletano, oggi, non è più un tabù.”

Per me questo album è anche una manifestazione che i miei colleghi mi stando dimostrando. È la prima volta in cui posso permettermi di dire “guarda quante persone hanno collaborato con me”.

Al centro del disco torna un tema caro a Gigi, ovvero l’amore. “Inizio a comporre al pianoforte, poche volte alla chitarra, e quando poi scrivo il testo, inevitabilmente, divento io il protagonista anche se quella storia non l’ho vissuta. Certo, poi, a vent’anni vedi l’amore in un modo poi cambia, ma io scrivo sempre quello vivo o sto capendo in quel momento. Ho scritto queste dodici canzoni vestendo ogni brano in modo diverso, più moderno.”

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Tra i brani più curiosi c’è La Milano da bere, insieme a Emis Killa, un pezzo che in parte fa ironia sulla città ma che vuole essere anche un omaggi alla metropoli. “Descrive quello vedo: un tempo si andava in America per inseguire successo oggi c’è Milano. È bella, perfetta, tutto funziona per me che vivo a Roma, senza considerare che tutte le discografiche sono a Milano, così come le radio e anche parte della tv.

Milano è diventata davvero ‘la città dove chi sta male sta bene’, giù, invece, chi sta male sta proprio male. E dico grazie a Milano anche per le opportunità che regala, come quella di levarmi un marchio di dosso. È bello avere convinto anche chi magari aveva delle preclusioni nei miei confronti. Quindi, questo brano è un modo di fare i complimenti auna città che si è gestita bene ma poi ovviamente ci gioco anche…”

In questo mondo nessuno mi ha regalato nulla, anzi sono partito da meno venti, e dopo aver fatto lo stadio San Paolo ho azzerato tutto quando ho iniziato a guardare al panorama italiano.

Ieri e oggi continuano a intersecarsi nelle parole di D’Alessio, un fiume in piena che testimonia la sincerità di sentirsi capito, o anche solo ascoltato, davvero per la prima volta. Ma c’è una cosa che Gigi non ama della musica attuale ed è la sua artificiosità: “oggi è cambiato il modo di comporre musica, basta iscriversi a un sito web e trovi a disposizione tutte le musiche. Si compone come se si andasse a comprare i mobili all’Ikea, ma la macchina resta fredda e io preferisco avere più cuore che macchina.”

Ma quali sono ora le sfide all’orizzonte per il cantautore? Intanto, dal 29 novembre D’Alessio sarà su Rai1 con Vanessa Incontrada nel nuovo show Vent’anni che siamo italiani: “Al momento stiamo scrivendo con gli autori una storia in tre puntate come fosse una serie tv, in cui la narrazione collimi con le canzoni. Durante questa scrittura potremmo pensare di coinvolgere anche altri artisti e di sicuro ci saranno tantissimi ospiti.”

Quindi, sul fronte live, il successo del concerto con Nino D’Angelo ha convinto a programmare un secondo appuntamento a Napoli (Palapartenope, 26 dicembre) e ad aggiungere i concerti di Milano (Mediolanum Forum, 20 gennaio) e Roma (Palazzo dello sport, 24 gennaio).

La sfida di lavorare con artisti del mondo rap non è stata quella di entrare io nel loro mondo, ma di fare entrare loro nel mio mondo, quello della canzone. È stato un esperimento anche per me, iniziato a The Voice of Italy con Guè Pequeno.

Visto il calendario musicale, non si può non chiedere se ci sia spazio anche per Sanremo. “Il festival per me rimane la vetrina più importante al mondo per la canzone italiana. Sono diventato italiano a Sanremo e vi ho partecipato come autore, come cantante e come super ospite. Oggi non c’è nella mia testa ma è vero che quando Sanremo chiama… e come minimo, per i suoi settant’anni, io un fascio di fiori glielo devo mandare.”