Dal 18 marzo è disponibile il nuovo album di Enrico Ruggeri, undici tracce che raccontano “la storia di un’intera generazione”.

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È una fotografia, di quelle un po’ ingiallite dal tempo, a rappresentare il senso più autentico del nuovo album di Enrico Ruggeri. Perché La Rivoluzione, dal 18 marzo, nasce sui banchi di scuola, in una classe dell’anno scolastico ’73/’74 e appartiene a un’intera generazione. Nessun’altra immagine di rivoluzionari (o presunti tali) dai nomi storici altisonanti potrebbe raccontare meglio i sessantenni di oggi. Ed è da lì, in fondo, che l’intero percorso artistico e personale di Ruggeri ha preso forma.

“È la storia di tutti”, esordisce il cantautore nel raccontare il progetto in uscita. “Nel senso che tutti noi nell’adolescenza abbiamo pensato che la nostra vita sarebbe andata in un certo modo e, poi, è andata in maniera diversa. La mia è una generazione particolare perché siamo partiti con l’andare a letto dopo Carosello e a un certo punto, ancora bambini, ci hanno detto delle bombe a Piazza Fontana. Da lì è partito un mondo diverso”.

Enrico Ruggeri La Rivoluzione
Cover album da Ufficio Stampa P&D

“A scuola non abbiamo vissuto la parte romantica del ’68 ma i pestaggi, le BR e le derive violente, mentre il mercato conosceva l’eroina”, continua Enrico Ruggeri. “Poi, a vent’anni è arrivato l’AIDS. Insomma, questa mia generazione ne ha viste tante ma, nel bene e nel male, è la generazione che gestisce il mondo. Il pianeta è nelle mani dei sessantenni: c’è chi ha vinto, chi si è venduto, chi ha vinto perché si è venduto e chi, invece, è rimasto travolto. In questo senso, la mia è una generazione infinitamente letteraria”.

“Rivoluzione rappresenta tutti questi cambiamenti epocali e li racconta anche la copertina”, spiega l’artista. “Rivoluzione è un po’ un atteggiamento mentale ma è soprattutto la storia di quei ragazzi che si sono messi in posa nell’anno scolastico ’73/’74 mentre aspettavano il loro futuro”.

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Testi e suoni de ‘La Rivoluzione’

“È un disco meditato, particolare”, spiega quindi Ruggeri. “Perché ho fatto i miei primi trentasette album in quarant’anni e questo esce a tre anni dal precedente. Ovviamente, gran parte dei motivi sono noti, con la pandemia e i concerti fermi. Ma devo dire che io, che sono di natura un ottimista, credo fosse il momento giusto per far passare tre anni. Il destino mi ha forzato dalla parte giusta. Così come è stato il momento giusto per scrivere un romanzo a cui ho dedicato sette ore al giorno per mesi”.

“Questa volta sono stato in studio due anni offrendo tamponi a tutti al posto di cene”, sorride il cantautore. “Questi due anni di lavoro mi hanno dato anche più tempo per riflettere, guardarmi intorno e dire cose che pensi di non aver mai detto in questi termini. Per questo, i testi hanno reso questo disco particolare. Ti direi che è il mio disco migliore ma a ogni album è cosi, quindi dico che sicuramente è un disco particolare”.

“Il musicista è sempre alla ricerca del suo Santo Graal, ovvero del suono che ha in mente”, afferma Ruggeri. “Insieme alla mia squadra, ci siamo parlati a lungo per accertarci che il Santo Graal fosse lo steso per tutti e ci abbiamo lavorato provando e riprovando, scrivendo e correggendo. Oggi temo che troppi cantanti non abbiano il loro suono”.

E a proposito di nuove generazioni, in un confronto costante tra vita e professione, Enrico ha pubblicato sui social il ‘Decalogo della buona musica’. “L’ultimo punto di questo decalogo mi è stato molto rimproverato”, osserva. “Sono convinto che il cantante debba entrare in studio alla prima prova del rullante e uscire all’ultimo missaggio, solo così può dire di avere la paternità del suo disco. Invece, ho la sensazione che molti, oggi, entrino in studio per cantare la loro parte e poi se ne vadano”.

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“Le storie dipende da come le racconti, oggi i beniamini degli adolescenti spingono a pensare che ognuno debba mettersi in salvo da solo”, continua il musicista. “Instillano un germe pericoloso che è quello che fatturare più di un altro sia etico; questo è un pensiero che fa un danno a un’intera generazione”.

 
 
 
 
 
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Ma per un artista che dice di avere “orrore della retorica”, quali sono le parole più importanti per La Rivoluzione? “Autonomia è certamente una delle parole più importanti per me perché racchiude un sacco di cose”, risponde Ruggeri. “Vuol dire non sostenere una tesi solo perché è sostenuta da chi sostiene te. Vuol dire correre il rischio di non piacere in un tempo in cui sui social il like è diventata una pagella. Tutti cercano di dire la frase più bella per fare meno danni possibile e mantenere il proprio orticello”.

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Le date live de ‘La Rivoluzione’

L’album comprende i featuring con Francesco Bianconi e con Silvio Capeccia, insieme al quale ne 1972 Ruggeri ha fondato gli Champagne Molotov, prima dei Decibel. E dopo la presentazione instore, per la stagione primaverile sono in calendario le date live del nuovo tour. “Una delle cose più belle per me è salire sul palco ed è la cosa che mi è mancata di più nei mesi passati in studio”, confessa l’artista.

“Ascoltando le canzoni, spesso, me le sono immaginate dal vivo. Un concerto è comunione di intenti, condivisione, persone che cantano insieme… in questo momento è la cosa che attendo con più impazienza”, conclude. Ecco il calendario de ‘La Rivoluzione – il tour’:

  • 2 aprile al Teatro San Domenico di CREMA
  • 9 aprile al Teatro Nazionale di MILANO
  • 21 aprile al Teatro Ambasciatori di CATANIA
  • 26 aprile al Teatro Olimpico di ROMA
  • 30 aprile al Teatro Cavallino Bianco di GALATINA (Lecce)

Foto di Angelo Trani da Ufficio Stampa P&D