Molto prima che il concetto di iconicità diventasse una strategia di marketing, Brigitte Bardot era già un’immagine globale. Attrice simbolo degli anni Cinquanta e Sessanta, protagonista di film che hanno segnato un’epoca come Et Dieu… créa la femme (1956), Bardot non è stata soltanto una star del cinema, ma una musa trasversale capace di attraversare pittura, scultura, fotografia, fumetto e cultura popolare, fino a diventare oggetto di esposizioni museali.
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Il suo volto e il suo corpo hanno incarnato una nuova idea di femminilità: libera, sensuale, autonoma, spesso scandalosa. Un’immagine che l’arte contemporanea ha saputo intercettare e trasformare in simbolo.
Dalla fotografia al manifesto: la Pop Art britannica di Gerald Laing
Uno dei primi artisti a tradurre Bardot in linguaggio pop è Gerald Laing. Nel 1963 realizza un grande dipinto dedicato all’attrice, partendo da una fotografia in bianco e nero che era stata utilizzata come logo per la richiesta di partecipazione alla mostra Young Contemporaries. Laing stesso ha spiegato l’origine dell’opera:
«La fonte del dipinto di Brigitte Bardot era il logo sulla richiesta di partecipazione alla mostra Young Contemporaries del 1963. – raccontò – Una fotografia in bianco e nero di Brigitte Bardot a cui è stato sovrapposto un cerchio nero».
L’opera, venduta nel 2014 da Christie’s a Londra per 902.500 sterline, è stata definita dalla casa d’aste «accattivante per le sue dimensioni e la sua presentazione diretta». «Brigitte Bardot di Gerald Laing – hanno poi aggiunto – è l’immagine pop per eccellenza della sirena internazionale del grande schermo degli Swinging Sixties».
Qui Bardot non è ritratta come individuo, ma come immagine-simbolo, frontale, immediata, pensata per essere guardata come un poster o un manifesto: esattamente ciò che la Pop Art intendeva fare con le icone della cultura di massa.
Andy Warhol e Bardot: serialità, desiderio e potere
Il passaggio definitivo di Bardot nel pantheon dell’arte pop avviene con Andy Warhol, che nel 1974 realizza una serie di serigrafie dedicate all’attrice. Warhol non si limita a riprodurne il volto, ma ne amplifica il valore simbolico, inserendola nel suo sistema di immagini seriali, al pari di Marilyn Monroe o Liz Taylor.
La citazione completa dell’artista è esplicita e rivelatrice: «Brigitte Bardot è stata una delle prime donne ad essere veramente moderna e a trattare gli uomini come oggetti d’amore, comprandoli e poi gettandoli. Mi piace». Una dichiarazione che sposta Bardot dal ruolo di oggetto dello sguardo a quello di soggetto attivo del desiderio. Come ha sottolineato la Gagosian Gallery in occasione di una mostra londinese del 2011: «In ognuno dei quadri, la bellezza carnale di Bardot riempie la tela quadrata come la copertina di un disco, i suoi lineamenti voluttuosi e leonini incorniciati da abbondanti capelli arruffati».
Nel 1974, cinque anni dopo il divorzio da Bardot, Gunter Sachs, suo ex marito, commissiona a Warhol un ulteriore ritratto della diva. L’opera, stimata intorno ai 5 milioni di euro, verrà venduta nel 2012 da Sotheby’s a Londra, confermando il valore economico e simbolico del mito Bardot nel mercato dell’arte.
Pittura, scultura e simbolo nazionale
Il fascino di Bardot attraversa anche altri linguaggi pittorici. Nel 1959 Kees van Dongen la ritrae nel pieno della fama con una pittura fauve, mentre l’artista belga Peter Engels realizza oltre venti ritratti dell’attrice, testimoniando una fascinazione duratura.
Nel 1970 lo scultore Alain Gourdon si ispira a Bardot per creare un busto di Marianne, simbolo della Repubblica francese: un passaggio decisivo che trasforma l’attrice da diva a icona nazionale.
Seguono le statue pubbliche: una scultura in bronzo di Christina Motta ad Armação dos Búzios, in Brasile, e soprattutto il monumento inaugurato a Saint-Tropez il 28 settembre 2017, in occasione dell’83º compleanno di Bardot. La statua, realizzata dalla fonderia artistica Mariani di Pietrasanta, è ispirata a un acquerello di Milo Manara, scelto personalmente dalla stessa attrice.
Milo Manara e Bardot: eros, controllo e consenso
Il rapporto tra Bardot e Milo Manara merita un approfondimento specifico. Il maestro del fumetto erotico italiano ha dedicato all’attrice una serie di 25 acquerelli, tutti approvati e firmati dalla stessa Bardot. Le opere sono state esposte e poi vendute all’asta a Parigi il 12 giugno 2016, segnando un raro caso di collaborazione consapevole tra musa e artista.
Nei lavori di Manara, Bardot non è mai un corpo passivo: lo sguardo è diretto, la posa controllata, la sensualità non è mai sottratta alla volontà del soggetto. È un dialogo tra immagine e identità, tra desiderio e consenso, che aggiorna il mito Bardot alla sensibilità contemporanea.
Bardot e il fumetto: un archetipo visivo
L’influenza di Bardot nel fumetto è vasta. Jean-Claude Forest si ispira a lei per creare Barbarella, mentre Quino inserisce il mito Bardot nell’immaginario di Mafalda attraverso il personaggio di Guille. In Italia, Sandro Angiolini modella su di lei l’eroina erotica Isabella, e Nik Guerra la prende a riferimento per alcuni episodi della sexy-pistolera Djustine di Enrico Teodorani.
Qui Bardot diventa archetipo grafico, un modello visivo replicabile che attraversa stili e generazioni.
Dalla mostra al mito museale
La consacrazione definitiva arriva nel 2009, con la prima mostra ufficiale dedicata al mito Bardot, inaugurata a Boulogne-Billancourt il 29 settembre, il giorno dopo il suo 75º compleanno. Da diva del cinema a oggetto di esposizione museale, Bardot entra stabilmente nella storia della cultura visiva del Novecento.
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